PATRIZIA LONGO
Cronaca

Lentini e le sue forbici d’oro "Insegno ai giovani un’arte: l’alta sartoria non può sparire"

Nel giorno di Sant’Omobono, patrono dei sarti, l’artigiano improvvisa una sfilata in Duomo. L’obiettivo: far riscoprire il valore del suo lavoro e tramandarlo alle nuove generazioni

di Patrizia Longo

"Bisogna uscire dalle mura del laboratorio e portare l’alta sartoria in mezzo alla gente, per far capire la sua grande bellezza: è un’arte antica, che non possiamo lasciar scomparire".

Paolo Lentini, che a bottega è entrato a otto anni, ancora scolaretto in un paesino in provincia di Lecce, il suo impegno lo ha preso alla lettera: oggi, nel giorno di Sant’Omobono, patrono dei mercanti e dei sarti, farà indossare alcuni suoi abiti a un paio di modelli, che improvviseranno una sfilata tra corso Vittorio Emanuele, la Galleria, piazza del Duomo e poi ancora in San Babila e Monte Napoleone.

Partirà dalla sartoria di due gemelli di 23 anni, suoi studenti all’Atelier Forbici d’Oro, che Lentini ha aperto giusto tre anni fa, a un’età in cui solitamente ci si gode la pensione, solo per tramandare un mestiere a rischio estinzione.

"Per me l’alta sartoria è sempre stata una grande passione – racconta l’artigiano con il metro al collo –. Sin da quando, ragazzino, mi sono trasferito a Torino e poi a Milano, sessant’anni fa, e ho iniziato a lavorare nelle più rinomate sartorie milanesi".

Dalla bottega di Olindo Patarnello, a San Cesario (Lecce), Lentini è approdato prima alla sartoria Mileti di Torino, in seguito da Giacinto Marchegiani e poi da Ubaldo Baratta a Milano.

Erano gli anni in cui si faceva avanti la “confezione“ e molti giovani lasciavano la sartoria, dal futuro incerto. "Avevo 33 anni, era una vita difficile: così sono andato a lavorare nelle scuole come assistente tecnico di laboratorio di fisica, gli ultimi anni al Leonardo da Vinci".

Quella parentesi, per Lentini, che intanto trova il tempo di laurearsi in Scienze politiche - "frequentavo in università i corsi pomeridiani, dopo la scuola" - si conclude con la pensione, a 58 anni. "A quel punto, cosa potevo fare? Ho ripreso a fare il sarto e ho ricominciato daccapo, dai corsi, per aggiornarmi e migliorare: non bisogna mai smettere, di migliorare".

Nel 2004, dunque, il ritorno nelle sartorie milanesi: Lentini lavora come collaboratore esterno per Ferdinando Caraceni, Gianni Campagna, Mariano Rubinacci. E le scuole che ha frequentato, per perfezionarsi, gli chiedono di insegnare sartoria.

Dieci anni dopo, il riconoscimento più prestigioso: le Forbici d’Oro vinte al concorso dell’Accademia nazionale dei sartori. "Poi ho vinto anche il manichino d’oro" ricorda con orgoglio. Ma prima la medaglia d’oro dell’Unione Milanese Sarti: "Intelligenza e attaccamento al mestiere – si legge nella motivazione – lo rendono apprezzato nell’ambito della sartoria milanese, distinguendosi per la sua alta professionalità".

Tre anni fa si conclude la collaborazione con le scuole di alta sartoria. Ma Lentini, a 73 anni compiuti, non vuole ancora arrendersi alla pensione: "Due studentesse mi hanno chiesto se potevano continuare le lezioni con me e ho pensato di aprire una scuola di formazione".

Nel laboratorio in via Soffredini, una piccola stradina in fondo al viale Monza, Lentini continua a insegnare: corsi preparatori e corsi accademici, per giacca e ulster, cappotto e soprabito, smoking, frack-tight e giacca da donna. Gli dà una mano un collega, pure in pensione.

A bottega, da lui, ci sono molti giovani stranieri, ragazze e ragazzi: cinesi e indiani; un coreano che poi è tornato nel suo paese, per aprire un laboratorio. E poi un canadese, una spagnola, una di Monaco. Gustav, invece, è arrivato da New York: in America produce abiti confezionati, vuole portare il suo “business“ a un livello più elevato ed è venuto a imparare l’alta sartoria.

E gli italiani? Pochi davvero. C’è Enzo, che a 34 anni ha scelto di seguire la passione di Lentini: da sei anni frequenta corsi di sartoria, in bottega è diventato il tuttofare, tra i clienti e chi si iscrive ai corsi. Non è una strada facile: la formazione è molto lunga, richiede un grande investimento di tempo e non permette guadagni immediati. Non ha appeal, insomma, almeno apparentemente. Perché se scatta la passione, è un’altra storia.

"Chi viene qui, si innamora del lavoro perché qualitativamente bello – spiega Lentini – ma questa consapevolezza ce l’hanno di più all’estero: il Made in Italy è una grande ricchezza, non adeguatamente valorizzata. Io continuo, perché mi dispiace far morire questa possibilità, di insegnare ai ragazzi un modo di lavorare che si è quasi perso, fatto di cura per ogni dettaglio".

Lentini, che a settembre ha portato i suoi modelli in una sfilata in Campidoglio, non si ferma. Pensa già ai prossimi progetti: una “vetrina“ a Dubai, con altri artigiani italiani, per raccogliere ordini all’estero; e la promozione del suo libro, “Sartoria artigianale“. Il sottotitolo è tutto un programma: “lo stile, le linee, la tecnica per realizzare abiti maschili perfetti“.