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Leonardo Caffo, il filosofo condannato: “Pigmalione moderno, atteggiamento patriarcale”

Il tribunale di Milano ha reso note le motivazioni della sentenza di primo grado. Il docente imputato per maltrattamenti e lesioni nei confronti della ex compagna

Leonardo Caffo, condannato a 4 anni in primo grado dal tribunale di Milano con l'accusa di maltrattamenti nei confronti della ex compagna

Leonardo Caffo, condannato a 4 anni in primo grado dal tribunale di Milano con l'accusa di maltrattamenti nei confronti della ex compagna

Milano, 5 marzo 2025 – Un rapporto nel segno della vessazione. Morale, ma anche fisica. Ovviamente squilibrato, con una parte – l’uomo – a schiacciare sotto il peso dell’oppressione l’altra, la donna.

Sono state rese note le motivazioni della sentenza che, nel dicembre dell’anno scorso, ha portato alla condanna del filosofo antispecista Leonardo Caffo per maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti dell’ex fidanzata.

Il tribunale di Milano, in primo grado, ha assegnato al cattedratico una pena di 4 anni di carcere.

Le motivazioni

Sono estremamente duri i contorni del ritratto tratteggiato dal giudice estensore nelle motivazioni della sentenza. Caffo, si legge, è un “pigmalione moderno" con un "comportamento che denota sempre una volontà manipolatoria" ma anche basato su "schemi patriarcali del tutto inaccettabili" che hanno determinato "reiterati e costanti" atteggiamenti "mortificanti e vessatori tesi a 'emendare' i difetti" della ex compagna, e che "diverse volte" sono sfociati in "violenza (...) soprattutto verbale" ma anche "fisica".

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Caffo avrebbe sottoposto la compagna “a continue condotte di sopraffazione, manipolazione, a condizionamenti tali da" farla sentire "sicuramente soggetto debole, sia per la giovane età" sia per "l'assenza di una posizione sociale definita (...) inadeguata, insicura, non all'altezza della situazione" e di lui, filosofo affermato "che non perdeva occasione di rammentarle quello che avrebbe dovuto fare e non faceva, quello che avrebbe dovuto essere e non era, non limitandosi a spronarla, ma apostrofandola con insulti inerenti alla sua persona, alle sue problematiche, alla sua famiglia".

Le violenze fisiche

Le condotte di Caffo avrebbero finito per minare a fondo la psiche della donna, "che si è sentita messa in discussione, non in grado di gestire la situazione. Si sentiva sbagliata - prosegue il Tribunale - si sentiva in colpa perché faceva delle scelte non condivise, perché reagiva alle provocazioni dell'imputato ad un certo punto anche con risposte violenti, adottando il registro comunicativo dello stesso Caffo" in cui "la violenza soprattutto verbale, ma a volte anche fisica non era un caso".

Infatti va ricordato, per esempio, un litigio, nell'agosto 2020, che sarebbe finito con una frattura "scomposta" e "accorciamento del dito" di lei.

Quindi, oltre a ritenere credibile la giovane donna, "nessun dubbio sull'abitualità delle condotte: gli insulti e le offese, non farla sentire adeguata anche davanti agli amici, erano situazioni molto frequenti". Da tutto questo, secondo i giudici, "emerge chiaramente" anche la capacità manipolativa dell'imputato, "non solo nei confronti" della giovane donna, ma pure "delle persone che frequentavano". 

L’inchiesta e il processo

I maltrattamenti – violenze verbali, morali e fisiche – sarebbero durati dal luglio 2019 al giugno 2022. L’inchiesta aveva portato alle misure cautelare dell’allontanamento dal tetto familiare e del divieto di avvicinamento per il docente. Al termine del processo, dopo che il pm aveva fatto una richiesta di pena di quattro anni e mezzo, con il non riconoscimento delle attenuanti generiche, Caffo è stato condannato a quattro anni. 

Il filosofo, ascoltata la sentenza, affermò che i giudici, con questa condanna, hanno inteso “colpirne uno per educarne mille”. Ha poi detto di voler chiedere scusa sul piano morale e di aver fatto tutto “per poter stare con la figlia”.

Si dichiarò soddisfatta, invece, l’avvocata della ex compagna di Caffo: “Oggi abbiamo messo un punto importantissimo. La sentenza ci dice che la giustizia c’è e funziona”.