
Il presidente del Senato Ignazio La Russa e suo figlio Leonardo
Milano – La procura ha sequestrato il cellulare senza sim di Leonardo Apache La Russa. Lo ha consegnato lo stesso indagato, assistito dall’avvocato Adriano Bazzoni agli investigatori della squadra Mobile che da giorni stanno cercando di fare chiarezza su quanto avvenuto nell’appartamento del presidente del Senato Ignazio La Russa: nella notte tra il 18 e il 19 maggio il figlio Leonardo Apache avrebbe violentato, assieme ad un amico, una 22enne.
Il decreto di sequestro ha portato a una svolta nell’inchiesta, partita dalla denuncia della ragazza, che renderà più semplice mettere insieme tutti i tasselli di una vicenda complessa da ricostruire a distanza di così tanti giorni.
Il telefono di Leonardo Apache è intestato allo studio legale del padre, strutturato in forma societaria. Questo elemento che costituiva una fattispecie nuova, priva di giurisprudenza, aveva costretto la procura di Milano a valutare se lo studio di corso di Porta Vittoria, a pochi passi dal tribunale, e quindi la carta sim del cellulare, rientrasse tra le pertinenze dell’esponente di Fratelli d’Italia. E se, dunque, per poter sequestrare il cellulare del ragazzo indagato per violenza sessuale, fosse o meno necessaria la richiesta alla Giunta per l’autorizzazione a procedere del Senato.
Era proprio questo uno dei temi più complessi, stando alle parole dello stesso procuratore capo Marcella Viola. Un nodo importante che la procura ha sciolto ieri, in tarda serata, con il decreto che ha portato al sequestro.
L’altro elemento al vaglio degli inquirenti resta ora quello delle testimonianze. Negli uffici della squadra mobile, in questi giorni, sono sfilati i primi dieci testimoni ritenuti più “interessanti“ tra i 180 identificati dalla questura.
Due le amiche sentite dal capo della Mobile Marco Calì, a cui si è aggiunta una terza conoscente presente quella sera all’Apophis, il club esclusivo per ricchi rampolli. Quest’ultima teste ritenuta attendibile dagli investigatori proprio perché più “neutra“ rispetto alla situazione avrebbe messo a verbale una versione che non collima con quella delle altre due ragazze spiegando di non aver ritenuto «strano, sospetto o non lucido» il comportamento della 22enne presunta vittima di stupro.
Tra le deposizioni, è stata raccolta anche quella della madre della 22enne. Era stata la donna, una volta sentito il racconto della figlia, il pomeriggio del 19 maggio scorso ad accompagnare la ragazza alla Mangiagalli dove era stata poi visitata.
Uno dei punti da chiarire resta, quindi, quello delle condizioni in cui era la 22enne, risultata positiva a cocaina, cannabis e benzodiazepine dovute all’assunzione regolare di tranquillanti. Le immagini delle telecamere visionate fino ad ora non restituiscono granché. Nulla che provi che nella drink bevuto dalla giovane qualcuno avesse versato droga dello stupro.
Nella giornata di oggi venerdì 14 luglio Ignazio La Russa che pranzava a pochi passi dal tribunale e dal suo studio legale milanese, ha ribadito di “essere sereno” e ha aggiunto: “Mi va dato atto che su questa vicenda non ho più detto una parola”. A difendere il figlio Leonardo Apache, ad Adriano Bazzoni si è aggiunto l’avvocato Vinicio Nardo. Intanto il movimento femminista ‘Non una di meno’ ha rivendicato i manifesti contro Leonardo e Ignazio La Russa affissi nei pressi dei locali notturni di corso Como, accanto allo studio legale del presidente e accanto all’Apophis. Lo stesso poster - con la scritta “el violador eres tu” i volti di padre e figlio e “sorella, noi ti crediamo” Il collettivo ha con