Milano – "Qua siamo e qua restiamo". Così Daniele Farina, storico esponente del Leoncavallo, ha aperto il presidio organizzato questa mattina – venerdì 24 gennaio – per opporsi allo sgombero del centro sociale, che dal 1994 ha sede in via Watteau, nell'ex cartiera di Greco di proprietà della famiglia Cabassi.
In realtà, lo sgombero non era programmato: come nei 130 precedenti che si sono susseguiti dal 2005 in avanti, l'ufficiale giudiziario si è presentato poco dopo le 10 senza l'ausilio della forza pubblica, ha consegnato l'avviso di sfratto e se n'è andato. Del resto, la partita si sta giocando su un altro tavolo, in Prefettura, per trovare entro l'estate una soluzione alternativa per il futuro del Leonka.
L'appello al Comune
"A quel vertice (del 20 gennaio a Palazzo Diotti, ndr) mancavano due parti: la proprietà e le associazioni del Leoncavallo", ha spiegato Farina. Segno, per l'ex deputato indipendente di Rifondazione comunista, che "non è in discussione l'area di via Watteau". Bensì un altro immobile in zona Porto di Mare, che potrebbe essere assegnato al centro sociale per liberare i capannoni e restituirli ai Cabassi. Dal Leonka è arrivata una richiesta a Palazzo Marino: "Restiamo in attesa che il Comune batta un colpo, per far capire che questa città non è solo per redditi alti". Non senza una stoccata legata alle inchieste giudiziarie in corso sull'Urbanistica: "Surreale discutere del Leoncavallo quando ci sono grattacieli costruiti nei cortili: le grandi immobiliari si sono mangiate Milano". E le polemiche del centrodestra? "Sono gli stessi che ricordo io quando avevo i calzoni corti: portano argomentazioni inconsistenti. Milano ha bisogno di spazi e libertà, invece si procede con zone rosse e perimetrazioni", ha chiosato Farina.
La possibile soluzione
Il Leoncavallo è ripiombato all'improvviso al centro dell'agenda politica e istituzionale il 9 ottobre 2024, quando la Corte d'appello del Tribunale civile ha condannato il ministero dell'Interno a risarcire 3 milioni di euro ai Cabassi per il mancato sgombero dell'area. Da qui la necessità di trovare una soluzione in tempi strettissimi, anche perché la sentenza è già esecutiva e quasi certamente non verrà impugnata in Cassazione. Del problema si sta facendo carico il Comune, che ha individuato un ex capannone adibito a magazzino in via San Dionigi che potrebbe diventare la futura sede del Leonka. L'ipotesi è stata illustrata lunedì 20 gennaio dall'assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi e dal dg dell'amministrazione Christian Malangone nel corso di una riunione presieduta dal prefetto Claudio Sgaraglia, alla quale hanno partecipato anche i vertici delle forze dell'ordine e l'Avvocatura dello Stato.
Il piano
Stando a quanto emerso, il Comune avrebbe intenzione di lanciare una manifestazione di pubblico interesse per assegnare l'ex capannone di via San Dionigi (quello al civico 117 è il maggiore indiziato) al Leoncavallo, a fronte del pagamento di un canone mensile e di una compartecipazione nelle spese di bonifica e messa in sicurezza della copertura dell'immobile con presenza di amianto. In questo modo, l'operazione avrebbe bisogno solo del via libera della Giunta, e non pure del Consiglio (che in epoca Pisapia bocciò la permuta di immobili). La notizia ha scatenato la reazione indignata di diversi esponenti del centrodestra, che si sono detti pronti a dare battaglia.