RE. MI.
Cronaca

Libici spariti dal San Raffaele dopo il raid: l’ipotesi favoreggiamento

Via dall'ospedale milanese dopo le coltellate, nel mirino la condotta dei diplomatici

In corso la guerra civile in Libia tra fazioni appoggiate da Paesi stranieri

Milano, 25 gennaio 2020 - Si sta muovendo su più fronti l’indagine della Procura sulla sparizione dei due libici indagati per l’accoltellamento di un connazionale in un albergo vicino al San Raffaele, dove i tre erano ricoverati sulla base di un accordo tra l’ambasciata di Tripoli presso la Santa Sede e il Gruppo San Donato per la cura di feriti in scontri in Nordafrica.

Innanzitutto, stando a quanto risulta, gli investigatori della Digos, coordinati dal capo del pool Antiterrorismo Alberto Nobili, stanno appurando se ci siano eventuali profili di favoreggiamento da parte dei funzionari della diplomazia libica in Italia, che secondo una prima ricostruzione avrebbero consentito a Mohamed Aleiwa e Hassan Errahim, accusati di aver ferito alla schiena e alla gamba il trentaduenne Mohammed Abdulhafith la sera del 15 gennaio scorso, di lasciare il nostro Paese con un volo di linea partito da Roma e diretto a Tripoli. Da quanto si è appreso finora, il consolato libico, il cui massimo rappresentante è stato sentito nelle scorse ore dagli inquirenti, sostiene che i due, che soggiornavano nell’hotel di fianco alla struttura clinica di via Olgettina, sono stati immediatamente rimpatriati proprio in virtù del loro comportamento, incompatibile con le finalità del progetto di cura e riabilitazione che aveva consentito loro di trasferirsi momentaneamente a Milano. D’altro canto, i due, subito indicati dal ferito come gli aggressori, non potevano lasciare il territorio italiano perché dovevano essere sentiti dagli agenti di polizia e rimanere a disposizione dell’autorità giudiziaria. Così non è stato: ora bisognerà valutare se coloro che hanno agevolato la partenza dei sospettati abbiano agito con dolo.

Da qui le verifiche sull’ipotesi di favoreggiamento nel reato commesso da Aleiwa ed Errahim, sulle cui identità sono ancora in corso accertamenti: non è detto che quei nomi siano falsi, anzi è probabile che siano stati registrati con le generalità autentiche; tuttavia, va chiarito il loro profilo, e di conseguenza la possibilità che potessero essere a conoscenza di questioni da non divulgare o che potessero aver commesso fatti gravi in Libia. Dalle informazioni a disposizione, non sarebbero emersi al momento legami dei due con ambienti del terrorismo internazionale; e del resto il fascicolo in Procura è aperto per le ipotesi di reato di lesioni aggravate e porto di coltello. Ultimo aspetto: i pm vogliono anche capire quali autorità italiane abbiano dato il via libera all’accordo sulle cure dei feriti libici e quindi monitorato di volta in volta i flussi dei pazienti in arrivo; per questo, dovrebbero essere chieste informazioni sia al Ministero degli Esteri e che all’ambasciata italiana a Tripoli.