
Giulia Ligresti
Milano, 30 gennaio 2020 - È una donna forte, forse addirittura rafforzata, la Giulia Ligresti del dopo calvario giudiziario che poco più di un anno fa l’ha vista assolta da tutte le accuse, quelle che nella complicata vicenda finanziaria della Fonsai l’avevano portata in carcere a più riprese. Una lunga detenzione già subita ingiustamente e aggravata dal clamore mediatico riservato alle sventure di famiglie, che come quella dei Ligresti, nel bene e nel male, hanno segnato un pezzo di storia di Milano. Prima l’ascesa e i fasti nell’Italia del boom economico, poi le vicende di cronaca, le indagini e i processi. La dinasty dei Ligresti è la storia di una famiglia che tra edilizia, assicurazioni e grande finanza è stata tra le dinastie italiane più chiacchierate dell’ultimo mezzo secolo.
"Nel nome della giustizia ho subito la più grande delle ingiustizie, sono stata privata della libertà, ma non ho rabbia, perché alla fine ho vinto io. E non ho mai, mai, smesso di combattere". Oggi alla galleria d’arte Glauco Cavaciuti, Giulia Ligresti elegante in un tailleur paillettes nero, ricomincia dal design, la sua passione. "No, non dica ricomincia e non dica che sono rinata - scherza - perché io non ricomincio, semplicemente proseguo la vita, la mia come quella di tutti ha avuto dolori e gioie, alti e bassi, sottili e grandi dispiaceri, e io non mi sono mai arresa, nemmeno nei periodi più terribili. Io ho avuto la fortuna di avere sempre la famiglia vicina, sono stata molto amata, è l’amore che mi ha salvata e all’amore ho dedicato la mia collezione".
E in effetti lo "slogan" è Love. Love sulle sedie, sui cuscini, nello schienale delle poltrone, e poi emoticon gialli con i sorrisi. Una sorta di Loveterapy, tranne quel "fuck", gigante, che campeggia nello schienale di un divanetto di metallo nero ma, infondo ci sta, perché la vita, appunto, è fatta di alti e bassi. "Questa collezione è il mio modo di cristallizzare in oggetti l’amore che mi ha travolta e ispirata consentendomi di affrontare le sfide più importanti". E ancora "Ho voluto realizzare sedute, consolle, divanetti, tavoli e sculture in ferro perché sono metalli che non si "spezzano", Una metafora della forza che l’ha convinta a non smettere mai di crederci. "Ciò che è accaduto a me non deve succedere mai più a nessuno". E quando le si fa notare che l’impegno è lodevole, ma leggermente velleitario, ritira fuori la forza. "No, ho in mente un progetto concreto per aiutare le donne in carcere ingiustamente, per dare voce a chi non ha avuto voce". Famiglia, arte e solidarietà. Ecco la nuova, o forse lei preferirebbe, la stessa Giulia Ligresti di sempre.