Milano, 23 gennaio 2025 – Liliana Segre non ha partecipato, ieri sera mercoledì 22 gennaio, a un’iniziativa al Memoriale della Shoah di Milano "a causa della stanchezza".
A precisarlo è il figlio, Luciano Belli Paci che spiega che la decisione non sarebbe legata gli insulti antisemiti apparsi sui social contro i cinema che avevano in programmazione il film di Ruggero Gabbai dedicato alla sua vita. Liliana Segre "ha ridotto gli altri impegni perché è stanca, una stanchezza che a 94 anni è fisiologica e la porta a ridurre gli impegni che aveva previsto”.
L’uomo prosegue: “Sicuramente questa nuova ondata di odiatori non le fa piacere, ma non sarà quello a farla rinchiudere in sé stessa. Aveva già deciso di ridurre gli impegni e confermato gli appuntamenti principali: sarà presente alla celebrazione della Giornata della Memoria il 28 gennaio al Quirinale e il 6 gennaio tornerà a Milano, al Memoriale, con la comunità di Sant'Egidio. Anche all'Università Statale, per la proiezione del film di Ruggero Gabbai, era già previsto che non andasse, ma perché sarà già a Roma".
"E' stanca ma determinata ad andare avanti - continua il figlio -. Il film di Gabbai si sta proiettando in un numero enorme di cinema in tutta Italia e abbiamo avuto molti riscontri positivi, commenti carini e testimonianze di grande partecipazione. Le centinaia di messaggi d'odio arrivano da chi non ha visto il documentario e ha colto l'occasione a prescindere".
Una precisazione in merito all’assenza di ieri sera arriva anche dallo stesso Memoriale della Shoah, in particolare circa alcune dichiarazioni del presidente Roberto Jarach pubblicate da alcune agenzie di stampa; "Sicuramente gli insulti aggiungono una stanchezza, ma non sono determinanti. Quella di ieri era una presentazione privata, non un appuntamento pubblico. L'agenda della senatrice è molto intensa, si è trattato di una stanchezza generalizzata".
Intanto questa mattina a Milano sono state posate 14 nuove pietre d'inciampo, in vista del Giorno della Memoria che si celebra il 27 gennaio. Tre queste ci sono anche Aldo Levi, in via Donatello 26/a, con la moglie Elena Viterbo e i figli Italo ed Emilia Amalia di appena 5 anni, la bambina del treno della morte citata da Primo Levi in ‘Se questo e' un uomo'. Il papà Aldo era un ingegnere, capo dei servizi elettrici del Comune di Milano. Dopo il censimento degli ebrei venne identificato ed espulso. Non poteva più lavorare. Con la famiglia cerco' un primo appoggio a Lodi per fuggire in Svizzera ma a Como furono arrestati tutti e deportati ad Auschwitz.
Dalla posa della prima pietra nel 2017 dedicata ad Alberto Segre, padre proprio di Liliana, sono ora diventati 224 a Milano i piccoli quadrati di pietra ricoperti di ottone posti davanti alle case di chi fu arrestato, deportato e ucciso perché ebreo oppure oppositore politico.