SIMONA BALLATORE
Cronaca

L’impresa (storica) dell’Anteo. In prima linea per “Le assaggiatrici“

Dalle sale alla produzione, superando pandemia e guerra: "In questo film c’è la caparbietà di Milano"

Dalle sale alla produzione, superando pandemia e guerra: "In questo film c’è la caparbietà di Milano"

Dalle sale alla produzione, superando pandemia e guerra: "In questo film c’è la caparbietà di Milano"

Da circuito di sale a produttore, per riuscire a portare al cinema Le assaggiatrici: è la prima volta in 45 anni di vita per l’Anteo - che si è unito in associazione per sostenere la produzione del film - ed è anche una svolta storica. L’impresa, al fianco della Lumière & Co, comincia nel 2018, su un treno da Roma a Milano. "Ho letto il libro di Rosella Postorino ispirato alla storia vera delle assaggiatrici di Hitler mentre ero in viaggio, era uscito da pochissimo. E appena sono arrivata a Milano ho chiamato Lionello Cerri: bisogna farci un film", racconta Cristiana Mainardi, sceneggiatrice, produttrice e socia di Anteo.

Si sono mossi subito, prima ancora che il romanzo vincesse il Premio Campiello, per acquistare i diritti. "Sapevamo sarebbe stata un’impresa difficile, sia perché si trattava di un film in costume, sia perché subito si imponeva il tema di come trattare un’importante vicenda tedesca raccontata da un’autrice italiana - raccontano i due produttori -. L’idea iniziale era attrarre l’interesse di players americani. L’autrice del romanzo aveva posto una condizione: che il film mantenesse un respiro internazionale. E interessava anche noi". Che fosse capace di varcare i confini emergeva sin dalle pagine di Postorino. Si pensò dapprima a un film in lingua inglese.

L’alleanza tra Anteo e Lumière è venuta naturale: quest’ultima era nata nel 1994 come casa di produzione cinematografica su iniziativa proprio di alcuni soci dell’Anteo e dell’amministratore delegato Lionello Cerri. Si è deciso quindi di scendere in campo insieme, "vista la rilevanza del film, sia in termini di impegno economico, sia per il tema: riguarda un periodo storico preciso ma che potrebbe essere collegato benissimo ai tempi che stiamo vivendo", sottolinea Lionello Cerri: "L’Anteo ha sempre avuto e continuerà ad avere un’attenzione ai temi civili e sociali di interesse culturale". La sinergia si è resa ancor più necessaria per superare gli ostacoli incontrati sul cammino. La pandemia ha sparigliato per prima le carte: "Ci ha obbligato a ripensare il film in chiave europea e avrebbe potuto farci dubitare – spiega Mainardi –: tutto sembrava essere finalizzato alle piattaforme in quel periodo. Ma noi, sostenitori delle sale, non abbiamo avuto dubbi sulla destinazione". Il cinema. "Gli investimenti previsti erano già parecchi – ricorda ancora Cerri –, si è aggiunta la sfida di portare avanti il progetto per sei anni, tra la pandemia e la guerra russo-ucraina", che ha cambiato location alla “tana del lupo“ e pure i co-produttori. I primi sopralluoghi erano stati fatti a Parcz, oggi Polonia del Nord, con Cristina Comencini (che insieme a Giulia Calenda e Ilaria Macchia ha firmato poi il soggetto finale).

In quella fase si era messo di traverso pure il Ministero della Cultura, che non aveva inserito Le assaggiatrici tra i film di rilevante interesse nazionale (stessa sorte toccata a C’è ancora domani di Paola Cortellesi), assicurando meno risorse. Le riprese si sono spostate poi in Alto Adige e in Belgio, con la direzione di Silvio Soldini, che ha optato per la lingua tedesca - "più autentica" - e conservato la conditio sine qua non: il respiro internazionale. "Il film è costato 6 milioni di euro, siamo riusciti a coprire i costi grazie a una co-produzione internazionale (Italia-Belgio-Svizzera, ndr) e grazie a Vision", fa il punto Cerri nei giorni in cui il film è arrivato a destinazione e corre nelle sale. È stato realizzato anche col sostegno del Ministero della Cultura, della Film Commission Südtirol e di Lazio Cinema International.

Ma c’è anche Milano, in fondo, ne Le assaggiatrici: non solo perché il libro è edito dalla Feltrinelli e il film è firmato dal regista Silvio Soldini e co-prodotto da Anteo: "Milano si vede in questa caparbietà, nel ricucire e ritessere le trame dopo imprevisti che avrebbero potuto spingerci a lasciar perdere. Mai per un istante abbiamo dubitato della potenza di questa storia – conclude Mainardi –. Non solo siamo riusciti ad affrontare ogni traversia, ma abbiamo consegnato il film in una data d’uscita forse più giusta ad accoglierlo. Non ci saremmo mai immaginati, sei anni fa, di sentire parlare Trump di “provvidenza“, quella provvidenza di cui Hitler si sentiva investito. Fa riflettere. Le opere d’arte quando sono autentiche hanno una loro vita, iniziano a parlare, danno segnali che bisogna assecondare. Anche le limitazioni economiche spesso sono occasioni: in questo caso hanno spinto verso un ’opera più intima, con la guerra di fondo che non vedi, ma avverti sempre".