"Ho avuto la sensazione che l’uomo si guardasse intorno e studiasse l’ambiente dove si trovava". Dagli atti dell’indagine dei carabinieri sul rogo letale di via Cantoni, che si è chiusa ieri con il fermo in Olanda del presunto esecutore materiale Washi Laroo e dei mandanti Bing Zhou e Yijie Yao, emerge che il ventiseienne che avrebbe appiccato il fuoco la sera del 12 settembre effettuò una sorta di sopralluogo nello showroom di proprietà di Li Junjun. Una ricognizione contestuale alle minacce nei confronti della madre del titolare, andate in scena poche ore prima dell’incendio letale. Stando a quanto ricostruito nella denuncia ai militari, attorno alle 12, un giovane "alto 1,75 metri e magro" (lo stesso che la sera prima aveva puntato un coltello al padre di Junjun per costringerlo a consegnare 20mila euro) si è presentato alla porta del capannone in zona Villapizzone: ad accoglierlo sono stati il ventiquattrenne Pan An e i fratelli Liu Yinjie e Dong Yindan di 17 e 18 anni, proprio i tre ragazzi asfissiati dal fumo sprigionato dalle fiamme appiccate undici ore dopo.
"Pochi istanti dopo – ha messo a verbale la donna – ho visto che questa persona è salita sopra, è arrivata in cucina dove io stavo finendo di pranzare e si è seduto al mio stesso tavolo". Il giovane ha chiesto a Pan di restare per tradurre dall’inglese al mandarino: "Mi ha detto che questa persona era stata mandata per ritirare una somma di denaro, non specificando né l’importo né il mandante. Sempre utilizzando Pan come interprete, ho chiesto a questa persona perché volesse soldi da noi, atteso che non avevamo debiti con nessuno, e quest’ultimo ha risposto con minacce del tipo “So che ora finisce di lavorare tua figlia, so dove abita tuo figlio, so dove abitate voi, e già ieri sera ho detto quanti soldi mi dovete dare. Se non mi date questi soldi, io vi uccido tutti".
Per i carabinieri della quinta sezione del Nucleo investigativo, coordinati dal procuratore capo Marcello Viola e dal pm Luigi Luzi e guidati dal colonnello Antonio Coppola e dal tenente colonnello Fabio Rufino, quel ragazzo era Laroo, arrivato apposta dall’Olanda su mandato di Zhou e Yao per recuperare un presunto credito da 40mila euro vantato da Yao per lavori di ristrutturazione in un ristorante in Friuli mai saldati da L.Y., padre del titolare dello showroom; con quei soldi, l’ipotesi dell’accusa, Yao avrebbe potuto saldare parte del debito da 65mila euro che aveva nei confronti di Zhou per una partita da due chili di shaboo non pagata al fornitore (che in quel periodo era in carcere).
Le intercettazioni ambientali hanno captato dialoghi in cui Yao ha mostrato tutto il suo risentimento nei confronti di L.Y.: "Lui è molto cattivo... lui se lo è meritato... Lui due anni fa, dall’anno scorso, dall’estate dell’anno scorso, ha un debito di più di 40mila euro con me". Alle 23, Laroo è tornato in via Cantoni, è entrato dal lucernario e ha dato fuoco, non lasciando scampo a Pan, Liu e Dong.