"Come cittadino e come scienziato non posso che essere favorevole a questo divieto, anche se dovrà essere fatto rispettare. Mi sento orgoglioso per il fatto che Milano possa essere una città modello". Roberto Boffi, responsabile della Pneumologia dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano e presidente della Società Italiana di Tabaccologia (Sitab), torna al 2016, a uno studio sull’inquinamento a Brera.
Che cosa emerse?
"È stato dimostrato che nelle ore serali si registra nella zona pedonale di Brera un inquinamento superiore rispetto alle vicine strade aperte al traffico, come via San Marco o via Pontaccio. Questo avviene a causa del fumo di sigaretta all’aperto, sulle strade o nei dehors dei locali, che contribuisce per il 7% all’inquinamento di una grossa città come Milano. Questo studio smonta le teorie di chi, anche sui social, ridicolizza il divieto di fumo ritenendolo inutile. Abbiamo condotto anche studi sulle spiagge di Bibione, le nostre ricerche hanno dato un contributo al Comune quando nel 2021 si è trattato di decidere se porre il limite a 5 o 10 metri. La distanza minima di 10 metri tra il fumatore e un’altra persona è necessaria per evitare gli effetti del fumo passivo. Cinque metri sono troppo pochi".
Sul divieto nei dehors dei locali, però, c’è ancora incertezza.
"Nel 2021 si era deciso di non inserirli tra le aree coinvolte nei primi divieti perché, uscendo dai lockdown, la scelta era stata quella di procedere gradualmente. Adesso avrebbe poco senso vietare il fumo sulla strada e consentirlo invece ai tavolini di un bar, dove attualmente fumatori possono sedersi accanto a persone con problemi di salute, bambini, anziani o donne in gravidanza. Gli esercenti non sarebbero penalizzati, le persone non hanno smesso di andare al bar o al ristorante quando vent’anni fa è entrata in vigore la legge Sirchia. Ci sono, però, altri due punti controversi".
Quali?
"Il primo è la scelta di non estendere il divieto alle sigarette elettroniche, e questo è un grosso limite perché gli studi hanno dimostrato i danni per la salute. Il secondo aspetto sono le sanzioni. Dal 2021 sono state emesse pochissime multe, basta fare un giro allo stadio, in un parco o alla fermata dell’autobus per notare che in pochi rispettano il divieto. Se non c’è la certezza della sanzione, purtroppo, i divieti rischiano di essere un boomerang".
Si arriverà, in futuro, a città completamente libere dal fumo?
"Secondo me è necessario procedere gradualmente: a Milano è stato compiuto un grande passo, stabilendo che non si potrà fumare accanto ad altre persone. Mi sembra una norma di buon senso, che mi rende orgoglioso. È un provvedimento che ha colpito favorevolmente anche Paesi dove il consumo di tabacco è diffuso come la Turchia, preso in un’area geografica con cronici problemi di inquinamento. È chiaro che lo stop al fumo non risolve il problema dello smog, perché bisogna intervenire su più fattori, ma è un passo avanti".
Come sta procedendo la campagna antifumo?
"I fumatori, in Italia, sono ancora circa 12 milioni. C’era stato un calo con la legge Sirchia seguito da un successivo aumento e un preoccupante abbassamento dell’età media, anche perché non si è riusciti ad arginare in tempo la diffusione delle sigarette elettroniche tra i giovanissimi. Il fumo non è un vizio ma una dipendenza, e la Sitab interviene con un approccio multidisciplinare: una rete che coinvolge medici, infermieri, farmacisti, psicologi. In Italia ci sono circa 300 centri antifumo - l’elenco è sul sito www.tabaccologia.it - ancora pochi rispetto alle esigenze della popolazione".
Andrea Gianni