STEFANIA CONSENTI
Cronaca

Lo sguardo di Sellerio. La Sicilia profonda piena di umanità del fotografo-editore

A Milano in mostra gli scatti di Enzo: una “Piccola antologia“ oltre gli stereotipi. La citazione-guida: "Lo spettacolo della violenza per l’isola è una deformazione" . .

A Milano in mostra gli scatti di Enzo: una “Piccola antologia“ oltre gli stereotipi. La citazione-guida: "Lo spettacolo della violenza per l’isola è una deformazione" . .

A Milano in mostra gli scatti di Enzo: una “Piccola antologia“ oltre gli stereotipi. La citazione-guida: "Lo spettacolo della violenza per l’isola è una deformazione" . .

La mattinata è uggiosa, sotto la Madonnina. E se arrivi da Palermo, forse un tempo così te lo aspetti. Dettagli. "Viviamo, oggi, una speciale felicità", confessa Olivia Sellerio, la figlia di Enzo, appena mette piede nella splendida sede delle Gallerie d’Italia, a Milano, con il fratello Antonio, l’aria mite, l’incarnato chiarissimo e i capelli rossi ereditati dal ramo russo di famiglia, per inaugurare la Piccola antologia siciliana, preziosa e deliziosa mostra a cura di Monica Maffioli e Roberta Valtorta, in collaborazione con Olivia e Antonio Sellerio.

Un omaggio al fotografo ed editore Enzo Sellerio (Palermo, 1924-2012, nato in una famiglia colta e cosmopolita, la madre russa) a chiusura delle celebrazioni dedicate ai cento anni dalla sua nascita. Ottantacinque fotografie raccontano una Sicilia inedita, in controluce, filtrata attraverso gli scatti di Sellerio, e il suo sguardo, libero, di fotografo ed editore. "Per noi è un nuovo inizio – riprende a dire la figlia – Siamo felici del risveglio di interesse per il lavoro svolto da nostro padre. Abbiamo aperto l’archivio e condiviso cento inediti fra gli oltre centomila scatti. Sono solo 500 quelli che lui ha veicolato in vita". L’allestimento è "sobrio", si scopre una Sicilia "vista con l’occhio di chi è dentro le questioni ma le affronta con empatia, cambiando i tradizionali codici del racconto, mai un punto di vista luttuoso, diversamente dai fotografi neorealisti che venivano in Sicilia per documentare la condizione meridionale", sostiene Maffioli.

Sellerio rifugge ogni stereotipo, soprattutto quelli sulla miseria o sulla violenza. Lo fa con scorci di vita quotidiana, come quello dei bimbi che giocano in Fucilazione, immortalato nel quartiere della Kalsa a Palermo, nel giorno dei morti, foto "erroneamente interpretata, e usata qualche anno dopo, a corredo di un libro, come immagine della mafia. Sellerio si arrabbiò moltissimo", ricorda la curatrice Monica Maffioli. O Borgo di Dio, il primo reportage pubblicato nel 1955 sul periodico Cinema Nuovo, dove "c’è la potenza dello sguardo resiliente, mai abbandonato". Ogni foto è un racconto. "Un fotografo vicino per qualità narrativa e potenza di sintesi, alla fotografia umanista francese di autori come Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau".

"Dalla tragedia siciliana non mi sono mai lasciato coinvolgere – è la citazione di Enzo Sellerio che troneggia sulle fotografie e che orienta, per scelta curatoriale, il pubblico in mostra – Detesto lo spettacolo della violenza, un aspetto così deformante della fisionomia dell’isola è del tutto ignorato nelle mie fotografie, che non sono una summa delle cose di Sicilia, ma una raccolta di esperienze personali".

Alla domanda, sull’eredità morale lasciata dal padre, Antonio e Olivia rispondono all’unisono: "Ci ha insegnato a osservare, lui era un grande maestro di sguardo. E ci ha insegnato che l’ironia è l’unico modo vero per affrontare le cose della vita". Antonio non dimentica "le gite domenicali", quando "andavamo nei dintorni di Palermo e lui mi diceva “guarda lì“ ma io vedevo solo capre... e pezzi di montagna. Si è impegnato molto, poi (sorride, ndr) bisogna vedere quanto io abbia effettivamente imparato! Crescendo ho capito che qualcosa è rimasto".

"Papà ha cambiato mestiere, diventando editore, ma alla fine ha fatto sempre la stessa cosa: raccontare", aggiunge Olivia Sellerio. Pure lei ricorda i i viaggi fatti col padre nella "Peugeot sgangherata" alla ricerca di scatti. "Mio padre che ha fondato insieme a mia madre Elvira Giorgianni la casa editrice, ha inventato la grafica di tutte le collane, e tra queste “La memoria“, la celebre collana blu", ricorda Antonio. "Quanti tentativi! All’inizio era color antracite ma poi alla fine ha vinto il blu, il colore giusto. Il primo merito di entrambi è stato quello di immaginare un’avventura simile, aprire una casa editrice, a Palermo, che non era certo la capitale dell’editoria italiana. Hanno avuto la fantasia e il coraggio di osare. Mio padre si è dedicato poi ai libri illustrati, mia madre sempre più ai testi e alla narrativa".