Mario
Delpini*
Esprimo la mia gratitudine ai diaconi candidati al presbiterato che si presentano
oggi per l’ordinazione, esprimo la mia gratitudine e la gratitudine di tutta la comunità
cristiana e diocesana a loro e a coloro che li accompagnano oggi e li hanno accompagnati fin qui: i familiari, le comunità di origine, le comunità di destinazione pastorale, la comunità del Seminario, gli amici. Stiamo celebrando un evento che è motivo di meraviglia e di gratitudine perché smentisce le visioni deprimenti che talora si esprimono sul tempo che stiamo vivendo. Molti parlano di questo tempo come un tempo stremato dalla fatica di sopravvivere, assediato da problemi insolubili, spaventato dalle incertezze sul futuro, invecchiato nel suo egoismo sterile, suscettibile e impigliato in infiniti, meschini litigi.
Io non so com’è il nostro tempo. Vedo, però, qui, un gruppetto di uomini, adulti,
liberi, consapevoli, confortati dal discernimento condotto in questi anni che si fanno
avanti e dicono: sì, io voglio vivere la vita come un servizio, in nome di Dio, seguendo
Gesù. Questi uomini che si fanno avanti e dicono questo “sì” non vengono da un altro
pianeta, ma da questa nostra terra; non sono eroi senza paura, non sono santi senza
peccato, non sono personalità ineccepibili sotto ogni aspetto. Sono, come tutti, peccatori
che chiedono il perdono, persone fragili che riconoscono le loro paure, libertà
incompiute che cercano la liberazione dalle meschinità e dalla tentazione di ripiegarsi su
di sé. Sono uomini che nella loro grandezza e nella loro piccolezza dicono che questa
terra, questa Chiesa, questo tempo è tempo di grazia, è una terra benedetta, è una Chiesa
feconda che genera persone liete di fare della loro vita un dono. E questa originalità
provocatoria non è uno spettacolo da applaudire, ma una provocazione da raccogliere. Ciascuno quindi può dire a se stesso: “Dunque anch’io posso”, “anche in questa situazione, mi può raggiungere una proposta, una indicazione, una illuminazione”.
* Arcivescovo di Milano