Milano – Settembre 2020, la pandemia non ferma la valanga di droga che inonda Milano. Le chat segrete di SkyEcc, decriptate a posteriori dalla Finanza, dicono che in quei giorni Luca Lucci “perde” un carico di 180 chili di hashish in Francia. Poco male: lui rassicura i clienti, spiegando che è in arrivo un’altra partita dal Marocco (“Meno male hai altri camion fra... abbiamo comprato ieri 300k...”). Forse basta questo a spiegare la caratura criminale del “Toro”, per anni leader indiscusso della Sud milanista e profilo da narcos di primissimo piano.
“È una macchina da guerra... so per certo che è il numero uno in Italia, conosco quasi tutti i più grossi in Italia per il fumo e nessuno ha i suoi ritmi...”, lo incorona il 16 gennaio 2021 Costantino Grifa in una conversazione con Antonio Rosario Trimboli, considerato dagli investigatori il contatto di Lucci con le ’ndrine per la “discendenza di un ramo collegato al clan Barbaro di Platì” e il matrimonio con la figlia di Francesco “Frank tre dita” Perre.
Ieri mattina il “Toro”, in cella dal 30 settembre per l’inchiesta che ha smantellato i direttivi delle due curve di San Siro, si è visto recapitare dalle Fiamme Gialle di Pavia un’altra ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Luigi Iannelli, che lo accusa di aver movimentato centinaia di chili di droga a cavallo tra 2020 e 2021 per incassi complessivi stimati in 2,7 milioni di euro in sei mesi; a Lucci non è stata contestata l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, che invece riguarda una decina dei venti arrestati.
Nella stessa operazione sono finiti dietro le sbarre alcuni suoi fedelissimi come lo stesso Trimboli e Rosario Calabria; ai domiciliari anche la fidata Roberta Grassi, la presunta contabile della Sud, che, secondo gli investigatori, incassava i soldi delle cessioni per conto di Lucci.
L’ultrà quarantatreenne aveva pensato a tutto: per le consegne, ad esempio, si sarebbe affidato a un corriere indicato come “Amazon”, con ogni probabilità “dipendente della nota società di acquisti on line”, che aggiungeva alle tappe per le consegne dei pacchi quelle per trasportare a domicilio la droga “a fronte di un compenso pari a 500 euro”. Lucci aveva intenzione di monopolizzare lo smercio all’ingrosso all’ombra della Madonnina: “A settembre prepàrati... mettiamo sotto tutti, cominciamo a sparare”, diceva Calabria la sera del 25 luglio 2020. Qualche ora prima, il “Toro” lo aveva caricato così: “Nel cervello ho solo guerra”. Sentendosi rispondere: “Se te ci sei, andiamo anche all’inferno”.
Gli approfondimenti dei militari, coordinati dal pm della Dda Gianluca Prisco, hanno fotografato anche l’ascesa di Andrea Rozzo alias “Pesciolino”, 46 anni, che, dopo l’arresto di Davide Flachi (figlio di don Pepè), ne avrebbe rapidamente preso il posto per gestire le piazze di spaccio di cocaina della Comasina. Il canale di rifornimento della “bianca” era garantito da due broker albanesi, di stanza tra Valencia e Anversa, che a loro volta potevano contare su cellule dislocate nei porti di partenza al confine tra Panama e Colombia e in quelli di arrivo dei container carichi di cocaina (Rotterdam, Amsterdam e Amburgo).