FRANCESCA GRILLO
Cronaca

"Luce in fondo a un tunnel lungo 28 anni"

"Luce in fondo a un tunnel lungo 28 anni"

di Francesca Grillo

Un nuovo elemento, una pista che porta a sud, a Oppido Mamertina, provincia di Reggio Calabria, avvicina alla luce in fondo a un tunnel lungo 28 anni. L’omicidio di Pietro Sanua, il 4 febbraio 1995, è rimasto un mistero irrisolto per tanti anni. Troppi per Lorenzo, figlio di Pietro, e per la moglie del commerciante ambulante ucciso a Corsico. Mai hanno smesso di lottare e cercare la verità per quel delitto di ‘ndrangheta. Gli investigatori della Squadra mobile di Milano guidati da Marco Calì, in sinergia con il Sisco, hanno eseguito a Oppido una perquisizione a casa di Vincenzo Ferraro, 57enne incensurato fratello di Giuseppe, pluripregiudicato attualmente detenuto al 41bis dopo aver passato 18 anni da latitante e con collegamenti di calibro alla criminalità organizzata: alleato dei Raccosta, nemico dei Mazzagatti, Polimeni e Bonarrigo. Vincenzo Ferraro potrebbe essere coinvolto nell’omicidio dell’ambulante, insieme a Gaetano Suraci (deceduto) che non gradiva l’impegno di Sanua nell’antiracket mafioso dei mercati. Vincenzo Ferraro per parte sua afferma in una nota giunta ieri in redazione di essere "totalmente e incondizionatamente estraneo" all’omicidio di Pietro Sanua, "della cui esistenza e tragica scomparsa mai ho avuto conoscenza".

Lorenzo Sanua, come avete reagito a questa notizia, allo sviluppo dell’indagine?

"Con gioia e con il solito cauto ottimismo. Questi tasselli potrebbero finalmente chiarire ogni aspetto dell’uccisione di mio padre, individuare i colpevoli, i mandanti, gli esecutori. Per noi non è facile: sono stati 28 anni di silenzio, dolore, rabbia per tante domande senza risposte".

Si aspettava una pista che portava in Calabria?

"Direi di sì. Mio padre lottava contro le ingiustizie e si era fatto nemico le famiglie di ‘ndrangheta presenti sul territorio corsichese. Non abbassava la testa e combatteva contro il racket che gestiva l’assegnazione delle piazzole degli ambulanti. A confermare che c’era dietro la mafia è stata la dottoressa Alessandra Dolci che ha riaperto il caso".

Ha detto che era sicuramente un omicidio di ‘ndrangheta.

"Esatto, per la modalità e l’esecuzione. Nei mesi scorsi è stato diffuso un identikit e ora questa perquisizione che potrebbe portare nuovi elementi nell’indagine. Noi possiamo solo sperare e augurarci che questo incubo finisca presto. Vogliamo la verità giudiziaria. Chiudere di nuovo il caso ora senza colpevoli sarebbe per noi devastante. Un dolore che dura da troppi anni".

Lei quel giorno era seduto sul furgone, vicino a suo padre, quando è stato ucciso. Cosa ricorda?

"Il botto fortissimo, prima quello dell’esplosione dei colpi che hanno ammazzato mio papà, poi il furgone che sbatte andando fuori strada. Non riuscivo a realizzare, finché qualche altro ambulante è corso da noi e ha detto: è morto. Da quel momento è calato il buio. La luce ho iniziato a rivederla grazie alle persone che ci sono state vicine, a Libera, ai legali, ai tanti che come noi aspettano la verità".