Milano - La lettera di Lucia Sellitti , 53 anni, ha trovato una prima e importante risposta da parte dell’Ufficio per le Politiche in favore delle persone con disabilità della presidenza del Consiglio dei Ministri. La lettera è stata pubblicata su questo quotidiano il 29 ottobre scorso e con essa Lucia avanzava due richieste: che sia rivista la definizione di disabilità gravissima e che sia riconosciuto a livello legislativo il ruolo dei caregiver, il ruolo di tutti coloro che si occupano a tempo pieno di un figlio o di un proprio caro non autosufficiente. L’Ufficio per le Politiche in favore delle persone con disabilità, con la risposta inviata il 9 novembre, l’altro ieri, ha aperto qualcosa in più di uno spiraglio a proposito della prima richiesta di Lucia, quella relativa ai criteri che definiscono la disabilità gravissima. Un riepilogo, allora.
La figlia di Lucia è affetta da diabete adipsico centrale, diabete mellito di tipo 2 ed è portatrice di altre malattie rare. "Queste complessità – ha sottolineato Lucia nella sua lettera – richiedono assistenza continua che, se interrotta, può portare a gravi complicanze o alla morte". Nonostante questo, nonostante non sia autosufficiente, sua figlia, 30 anni, oggi non è considerata disabile gravissima. Per poter essere considerati tali, come ha spiegato Lucia nella sua lettera, occorre che "sia verificata l’esistenza di almeno una delle condizioni contenute nel Decreto Interministeriale del 26 settembre 2016: coma, stato vegetativo, stato di minima coscienza e altre". Francesca non presenta alcuna di queste condizioni ma, come già sottolineato, ha bisogno di qualcuno che badi a lei tutto il giorno. A provvedervi è Lucia, ovviamente.
Da qui la richiesta avanzata nella sua lettera del 29 ottobre: "L’obiettivo di questa nuova distinzione all’interno delle disabilità (il riferimento è alla distinzione prevista dal già citato decreto del 2016 ndr ) era sostenere la permanenza al domicilio di queste persone, garantire risposte eque e omogenee, migliorare la qualità di vita promuovendo un percorso di presa in carico globale, centrato sulla persona e sui familiari. Ma ad oggi – evidenzia Lucia – c’è sempre più la necessità di valutare le disabilità in base all’assistenza che queste richiedono. E la valutazione deve essere fatta caso per caso. La definizione di disabilità gravissima rimanderebbe dunque al concetto di autosufficienza: sarebbe più corretto riferirsi a persone con bisogni complessi e valutare, caso per caso, queste complessità".
Altro aspetto del problema è quello che si ripresenta ogni anno all’arrivo del caldo: "Mia figlia – ha spiegato Lucia – è ogni giorno in pericolo di vita e questo rischio aumenta in estate quando fa molto caldo perché lei non trattiene i liquidi. Ma non esiste un protocollo di riferimento per gestire questo tipo di problema che per lei può essere letale". La risposta dell’Ufficio di Palazzo Chigi per le Politiche in favore delle persone con disabilità centra entrambi i punti. E fa ben sperare, anche se è necessario attendere che alle parole seguano i fatti. Vi si legge infatti: "Siamo riusciti a metterci in contatto con la segreteria del Ministro della Salute. Ci riferiscono che il suo caso è attenzionato dalla competente Direzione per la programmazione sanitaria e che si sta valutando l’inserimento della patologia di sua figlia in uno dei prossimi decreti attuativi della legge Lorenzin ai fini del riconoscimento della stessa come disabilità gravissima".
"L’adozione dello specifico Protocollo emergenza caldo spiega che è correlata all’attuazione del decreto di riconoscimento della patologia". Positivo che sia stata data una risposta e che si indichi come si intende risolvere il problema. Ma del decreto Lorenzin si è scritto più volte nei mesi scorsi e sempre per la stessa ragione: dal 2018 ad oggi non si è ancora trovato il modo di approvare tutti i decreti attuativi necessari perché la legge entri interamente in vigore. Sarà la volta buona? Lucia ci spera: "Mi auguro che ciò che mi hanno scritto avvenga davvero e in tempi brevissimi". Non affrontato, invece, il tema del riconoscimento legislativo dei caregiver: "Non siamo prestatori di cure volontarie ma persone con doveri e diritti che la legge dovrebbe tutelare" insiste Lucia. giambattista.anastasio@ilgiorno.net