Milano, 20 luglio 2019 - Alleanze tra organizzazioni criminali italiane e straniere, omertà nei paesi della provincia lombarda. Operazioni finanziarie, le mani su appalti e traffico di rifiuti grazie alla complicità di «imprenditori disposti a violare le norme ambientali, incuranti dei danni per la pubblica incolumità». Uno scenario che vede «la penetrazione nel sistema imprenditoriale lombardo sempre più marcata da parte di sodalizi calabresi, ma anche mafie di estrazione siciliana e campana, in grado di esprimere la stessa minaccia», in un Nord Italia divenuto capitale finanziaria delle cosche, dove operano «artisti del riciclaggio». Si affacciano gruppi criminali pugliesi, della zona del Gargano. Bande straniere fanno affari con droga e sfruttamento della prostituzione. A lanciare l’allarme è la Direzione Investigativa Antimafia, che nell’ultima relazione semestrale dedica un capitolo corposo alla Lombardia, regione «punto nevralgico per i maggiori traffici illeciti transnazionali, che esercita un forte richiamo per le organizzazioni criminali sia autoctone che straniere».
Una criminalità che segue il profumo dei soldi, capace di «integrarsi con l’economia legale e di anticiparne le opportunità», agendo in una “zona grigia” dove «sono labili i confini tra attività lecite e illecite». Una dimensione del fenomeno - e del lavoro per contrastare le infiltrazioni nell’economia e negli appalti - emerge dal numero dei provvedimenti interdittivi emessi dagli uffici territoriali del Governo. Nel secondo semestre dell’anno scorso la Lombardia, per numero di provvedimenti emessi (28 nel periodo in esame, 50 nell’intero 2018), si attesta al terzo posto in Italia, dopo la Sicilia e la Calabria. Si è registrato, inoltre, un boom di segnalazioni per operazioni finanziarie sospette con l’ombra dei clan: circa 5.700 segnalazioni di interesse della Direzione Investigativa Antimafia di cui 1.099 di diretta attinenza alla criminalità mafiosa e 4.601 riferibili «a fattispecie definibili reati spia/sentinella». Panorama dove dominano le cosche calabresi che, nonostante le inchieste e gli arresti, continuano a manifestare il loro potere e radicamento sul territorio, condizionando politica e appalti. Una criminalità capace di rinnovarsi, di seguire l’onda degli affari e, nello stesso tempo, perpetuare una violenza ancestrale come è emerso dall’inchiesta Ignoto 23 che ha fatto emergere la «peculiarità» del Comasco. «Gli ‘ndranghetisti comaschi, pur se impegnati nelle attività illecite del riciclaggio e del reimpiego di capitali, sembrano privilegiare la strategia del controllo militare del territorio», senza il timore di uscire alla luce del sole.
«Le consorterie calabresi radicate oltre i confini regionali – si legge nella relazione della Dia – annoverano affiliati di “ultima generazione” in grado di consolidare relazioni affaristico-imprenditoriali, condizionando gli ambienti politico-amministrativi ed economici locali. Talune inchieste condotte negli ultimi anni nel nord Italia hanno dato conto anche del livello di omertà che pervade alcuni territori». C’è poi il capitolo del traffico di rifiuti, esploso anche in seguito alla decisione della Cina di ridurre le importazioni di plastica e altro materiale da smaltire. Nella relazione viene citato il caso dell’incendio doloso, il 3 gennaio 2018, del capannone a Corteolona, in provincia di Pavia, dove erano state stoccate tonnellate di rifiuti. Ma c’è un’altro allarme, evidenziato dalla Dia, che suona come una beffa: «Anche la necessità di appaltare con procedura d’urgenza le complesse operazioni di rimozione e bonifica dei rifiuti dati alle fiamme potrebbero suscitare l’interesse per le organizzazioni criminali». Organizzazioni che si arricchiscono bruciano i rifiuti, e anche riparando i danni ambientali da loro stesse provocati.