Milano – Le esigenze cautelari, ossia il pericolo di reiterazione del reato, “possono essere soddisfatte” con i domiciliari (senza braccialetto elettronico), “così da limitare la libertà di circolazione dell’indagato e impedire che ci siano occasioni di ripetizione di episodi analoghi”. Il gip Alberto Carboni, pur confermando l’impianto dell’accusa, ha disposto gli arresti domiciliari nella sua casa a San Vittore Olona per il camionista 24enne finito in carcere mercoledì per aver travolto e ucciso la giovane mamma Rocio Espinoza Romero in viale Renato Serra a Milano, per poi fuggire senza fermarsi a prestare soccorso. La nonna e i gemelli, che erano sul passeggino spinto via da Rocio in un gesto istintivo pochi istanti prima dell’impatto, si sono salvati.
Comparso ieri davanti al gip, Francesco Monteleone, difeso dagli avvocati Guido Contestabile e Mario Mongelli, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Si farà interrogare più avanti dalla pm Paola Biondolillo, che coordina le indagini della polizia locale. Dagli atti emerge che dopo l’incidente, avvenuto alle 9.44 mentre i pedoni stavano attraversando sulle strisce, il 24enne ha effettuato “quattro tentativi di chiamata al padre in rapida successione (9:51, 10:00, 10:04, 10:32)”.
Una “simile coincidenza temporale” e “l’insistenza delle telefonate”, scrive il gip, “non possono certo essere casuali e trovano una spiegazione logica solo nel fatto che l’indagato si era accorto di aver investito una persona e che, preso dal panico, tentava di mettersi in contatto con il padre”. Un elemento che si aggiunge ad altri che dimostrano, annota il gip, che il 24enne Francesco Monteleone sapeva ciò che aveva fatto, ma non si è fermato ed è stato rintracciato in una cava ad Arluno, nel Milanese, dove era tornato al lavoro come se niente fosse.
La donna “è stata trascinata” per 13 metri “e non pare ipotizzabile che il conducente del mezzo possa non essersi reso conto della presenza di un ostacolo che intralciava la normale andatura del veicolo”. Uno dei testimoni, poi, ha “riferito di aver più volte suonato il clacson per richiamare l’attenzione dell’autista” e non è “realistico che quest’ultimo non abbia percepito quanto stava succedendo”. Sempre il teste ha messo a verbale il tentativo disperato della donna di fermare il tir. “Ho visto - ha raccontato - una persona che alzava le braccia in prossimità dell’attraversamento pedonale come a volersi fare notare dal conducente del mezzo pesante”. Le immagini, poi, hanno ripreso Monteleone che, dopo l’impatto, si è fermato “per circa quattro secondi”. Una “brevissima sosta” che “dimostra quindi che l’autista si era reso conto” e “dopo essersi interrogato pochi istanti su come comportarsi, ha assunto la decisione” di scappare.
Nell’ordinanza non viene citato, invece, un altro dato riportato dagli inquirenti, ovvero la telefonata e il messaggio ad un avvocato durante la fuga, perché potrebbero non essere utilizzabili nelle indagini. “Umanamente è chiaro che questa è una tragedia di dimensioni immani - hanno spiegato i difensori - il nostro assistito era in stato di confusione, ma ha anticipato la volontà di voler chiarire la sua posizione direttamente con il pubblico ministero”. Intanto ha ottenuto gli arresti domiciliari (la Procura aveva chiesto un’ordinanza di custodia cautelare in carcere), misura ritenuta dal giudice sufficiente per impedirgli di reiterare il reato. Intanto proseguono gli accertamenti sulla dinamica anche per verificare se il giovane - che dagli esami non aveva assunto alcol o droghe - in quel momento stesse utilizzando il telefono mentre era alla guida, nell’ipotesi di una distrazione fatale.
Intanto i vicini di casa di Rocio, in accordo con la sorella Flora, hanno dato vita a una raccolta fondi da destinare a José Huarcaya (marito di Rocio e papà dei due piccoli). L’obiettivo è di novemila euro, nella serata del 13 dicembre erano stati raccolti già seimila euro.