«Non l’ho uccisa io, la sua morte è avvenuta per via di un processo patologico interiore conseguenza del fatto che mia moglie praticava l’autoipnosi e studiava la disciplina del magnetismo quantico. Era al secondo livello di studio e questo le ha impedito, per mancanza di esperienza, di controllare le conseguenze estreme della scelta di autoipnotizzarsi". Eccole le parole del “mostro“, lette nell’udienza in cui lui è accusato di omicidio volontariodella moglie aggravato dai futili motivi e tentato omicidio di uno dei tre figli. Jaime Moises Rodriguez Diaz, origine messicana, 42 anni, manager in un colosso del food, ottime referenze, casa elegante, una moglie, tre figli, il 19 giugno del 2021, ha picchiato selvaggiamente e strangolato la moglie di 48 anni, Silvia Susana Villegas Guzman, e ha tentato di uccidere anche uno dei figli, 18enne, intervenuto per cercare di salvare la madre.
Il manager, per cui il pm Giovanni Tarzia, ha chiesto l’ergastolonon ha mai confessato il delitto, nonostante le perizie e l’esame autoptico abbiano evidenziato i segni dello strangolamento, tracce di sangue con il suo dna. Non ha nemmeno mai avvertito i soccorsi quando la donna era a terra. Ma, in aula, ha continuato la sua ricostruzione ferma e folle dei fatti.
"Quando sono rientrato a casa la sera del 19 giugno ( quella dell’omicidio ) ho visto mia moglie preoccupata, allora l’ho abbracciata, è stato un abbraccio liberatorio, perché so che aveva dei pensieri, per via della vita di nostro figlio. Proprio mentre l’abbracciavo - si legge nelle carte riportate dal pm - ho sentito che lei perdeva i sensi e cadeva battendo la testa sul termosifone. Ha perso sangue per la botta e anche perché a quel punto ha avuto un collasso del sistema cardiocircolatorio e gli alveoli dei polmoni le si sono riempiti di sangue. Poi l’ipnosi che non ha saputo gestire e infine la morte". La richiesta della pena massima è stata formulata davanti alla Corte d’Assise (presidente Ilio Mannucci Pacini) la sentenza arriverà nell’udienza del 15 novembre. Poi il pm Tarzia ha descritto il tentativo messo in atto dal manager di uccidere anche il figlio: "Ha dato due giri alla cintura e poi ha stretto attorno al collo del figlio - ha spiegato nella requisitoria il pm - subito dopo aver soffocato la moglie".
Il figlio, che era intervenuto per aiutare la madre, si è difeso "con le unghie e con i morsi e il padre non è riuscito ad ucciderlo solo per l’intervento salvifico dell’altro fratello, intervenuto mentre lui quasi non respirava più", ha detto ancora il pm, che ha chiesto alla Corte di non concedere alcuna attenuante, nemmeno le generiche, al 42enne. Nel corso delle indagini dei carabinieri di Rho, i tre figli della coppia avevano descritto l’uomo, difeso dall’avvocato Iacopo Viola, come "un uomo estremamente violento e pericoloso". Le violenze, hanno raccontato, erano iniziate all’epoca in cui la famiglia viveva in Messico (si era trasferita in Italia circa un anno prima dell’omicidio). "Sempre i medesimi motivi, i tradimenti inesistenti della donna, lui vedeva pericoli ovunque".
Erano offese e botte. Per un po’ lei lo aveva perdonato. Poi non ce la faceva più. "Ha aggredito le fondamenta della sua famiglia e nutriva rancore anche verso il figlio", ha aggiunto il pm. La difesa, infatti, ha provato a chiedere ai giudici di disporre una perizia medico legale per valutare se la donna fosse morta a causa di patologie pregresse. Richiesta respinta.