ANNA GIORGI
Cronaca

La manager licenziata e lo stupro di gruppo: “Si aspettava uno scatto di carriera, è stata cacciata”

Milano, la 32enne vittima di una violenza sessuale sui Navigli. Ricorso contro il provvedimento dell’azienda: comportamento discriminatorio e nessuna attenzione all’aspetto umano. “Quando ha ricevuto la lettera è stata portata in ospedale”

La lettera di licenziamento consegnata alla manager 32enne torinese vittima di uno stupro di gruppo e licenziata dall'azienda per "scarsa profittabilità"

La lettera di licenziamento consegnata alla manager 32enne torinese vittima di uno stupro di gruppo e licenziata dall'azienda per "scarsa profittabilità"

Milano – Lunedì mattina Alexander Boraso, legale della manager 32enne vittima di uno stupro di gruppo in un locale sui Navigli a Milano nel marzo del 2023, e licenziata per “non aver raggiunto adeguati livelli di profittabilità”, una volta rientrata al lavoro, presenterà atto di impugnazione al tribunale del lavoro di Torino. “L’impugnazione del licenziamento - spiega Boraso - si fonda su tre punti: l’assenza del giustificato motivo oggettivo, la violazione del “repechage“, considerando che la giovane manager milanese prima di lavorare alla sede di Assago di una multinazionale olandese aveva lavorato con le medesime mansioni in Francia e Spagna e, in ultimo, il comportamento discriminatorio del management perché la “non profittabilità“ come si legge nella lettera di licenziamento, qualora fosse accertata, non è dovuta a ragioni imputabili alla donna, in cura per le conseguenze dello stupro di gruppo, dopo gli effetti della sindrome post traumatica da stress”.

Il legale chiederà anche il reinserimento della donna sul posto di lavoro e un danno che si aggira su una cifra non inferiore a 100mila euro, ben lontana da quei 5 mila euro offerti dall’azienda. “Ma aldilà del lato economico c’è un aspetto umano che è stato totalmente ignorato”, aggiunge Boraso.

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La 32enne manager, che parla 4 lingue ed era molto apprezzata in azienda, era rientrata al lavoro a settembre del 2023, sei mesi dopo lo stupro di gruppo, episodio per cui i tre responsabili sono stati tutti condannati. "Dopo tutto quello che aveva passato - dice ancora l’avvocato - la donna puntava tutto sul lavoro. Alla ripresa, a settembre, non aveva la capacità perfomativa di prima, quando era operativa 12 ore al giorno. Ma sarebbe stato questione di tempo e, in ogni caso, il lavoro era la sua ancora di salvezza”.

Invece la direzione del personale l’ha convocata e le ha consegnato a mano la lettera di licenziamento immediato e irrevocabile, mentre lei si aspettava addirittura lo scatto di carriera che le era stato promesso prima della tragedia che le ha sconvolto la vita. "La mia assistita - conclude Boraso - di fronte alla lettera si è sentita male è svenuta ed è stata portata di nuovo in ospedale”.