
Manolo Morlacchi, 46 anni
Milano, 11 agosto 2016 - Assolto con formula piena dall’accusa pesantissima di far parte di un’associazione terroristica eversiva, costituita in banda armata, e ora anche risarcito con 15.600 euro per l’ingiusta detenzione. Una riparazione per aver passato in carcere 156 giorni, con l’accusa incollata addosso, poi cancellata dalla sentenza "perché il fatto non sussiste", di essere membro di una cellula importante della banda armata denominata "Per il Comunismo Brigate Rosse". Un’associazione con "vocazione marxista leninista, proiettata a coagulare a sé tutti i comunisti combattenti impegnati sul fronte della lotta armata", la stessa banda che rivendicò l’attentato alla caserma dei Paracadutisti "Vannucci" di Livorno nel 2006. Nessun ruolo, nessuna operatività per Manolo Pietro Morlacchi, 46 anni, figlio del fondatore delle Br Pierino Morlacchi. Il padre fu membro del primo esecutivo delle Br, con Alberto Franceschini, Renato Curcio e Mario Moretti; il figlio, dal settembre del 2012, è un uomo libero, scarcerato insieme all’allora presunto brigatista Costantino Virgilio e da risarcire.
Per gli investigatori che lo arrestarono nel 2010, Morlacchi partecipava a «incontri strategici» con l’obiettivo di rilanciare la lotta armata e la riproposizione della sigla delle Brigate Rosse. Gli uomini della Digos di Milano lo avevano arrestato con un blitz nella sua casa di via Gola. Tra il materiale sequestrato nel corso di quella grossa operazione che portò in carcere diversi presunti nuovi brigatisti, oltre a due computer, gli investigatori avevano trovato documenti informatici in cui venivano spiegati i criteri e le modalità di criptazione dei documenti per finalità eversive: una sorta di manuale di istruzioni destinato ai componenti del gruppo. "Una specie di codice di condotta per i militanti rivoluzionari", con una serie di indicazioni anche per evitare i controlli da parte delle forze dell’ordine, oltre alle istruzioni per non farsi "tracciare" in rete.
Tra i comportamenti imputati a Morlacchi: la contiguità con personaggi indagati o condannati per il reato di cospirazione politica, il fatto di trovarsi in una fase esplorativa rispetto all’adesione al gruppo e la mancata spiegazione dei rapporti con gli altri del gruppo, essendosi avvalso della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio di garanzia. Per i giudici di legittimità, però, non risultò provato "nessun intervento di carattere operativo, nemmeno qualche contributo di disponibilità o di supporto nelle imprese attuate o progettate dal gruppo. Totale assenza di comportamenti attivi insomma". La Cassazione nei giorni scorsi ha riconosciuto a Morlacchi anche il diritto al risarcimento per l’ingiustizia di quella detenzione.