MILANO – Lo storico marchio Casa Damiani spa resta fuori dalla Galleria Vittorio Emanuele. Almeno per adesso. Venerdì i giudici del Tribunale amministrativo hanno respinto il ricorso dell’azienda fondata nel 1924 nel cuore del distretto orafo alessandrino di Valenza, che ha impugnato la decisione del Comune di negare la sostituzione dell’insegna satellite “Rocca 1794” con quella dell’azienda capofila. La vicenda sfociata nel contenzioso legale prende il via nell’estate del 2022, quando Casa Damiani decide di partecipare a un bando per l’assegnazione di due unità commerciali del complesso monumentale del Salotto in via Pellico 6. Il primo agosto, il Tar accoglie il ricorso del marchio sugli spazi degli ex bagni pubblici Cobianchi, annullando l’assegnazione a Chanel.
A quel punto, il divieto di “doppia insegna” all’Ottagono impone a Damiani di schierare per via Pellico “Rocca 1974”, brand di alta gamma specializzato nella vendita di orologi di lusso che si aggiudica la gara il 7 novembre 2022. Il 25 luglio 2023, viene sottoscritta la convenzione per i 126 metri quadrati sul lato sinistro della Galleria. Finita? No, perché nel frattempo il Consiglio di Stato ha ribaltato il verdetto di primo grado sul Cobianchi: l’area finisce a Chanel. A quel punto, Casa Damiani chiede al Comune di poter realizzare una boutique monomarca “Damiani” al posto del negozio con insegna “Rocca 1794”. Palazzo Marino dice di no, richiamando l’articolo dell’accordo che vieta ogni modifica dei segni distintivi nell’ottica di contrastare il fenomeno delle cessioni di rami d’azienda a fronte di buonuscite faraoniche.
I legali della casa madre si rivolgono al Tar, assicurando che il colosso di Valenza “non avrebbe alcuna intenzione di trasferire la titolarità della concessione, in quanto il cambio insegna avverrebbe all’interno dei marchi di Casa Damiani, al solo scopo di migliorare la relativa offerta commerciale all’interno della Galleria”. E ancora: nel ricorso si sostiene che la ditta si sarebbe aggiudicata il bando in ogni caso, “considerato che l’offerta tecnica e il livello qualitativo di eccellenza proposto non sarebbero mutati”.
Tesi che non hanno convinto il collegio presieduto da Daniele Dongiovanni, che ha bocciato in toto il ricorso. Per i giudici, infatti, lo stop di Palazzo Marino non è legato solo alla necessità di scongiurare il “mercato delle concessioni”, ma anche all’esigenza di far rispettare “le condizioni contenute nell’offerta tecnica”. Del resto, l’argomentazione, una modifica dell’insegna in corso d’opera “rischierebbe di violare il principio della par condicio tra coloro che hanno partecipato a suo tempo alla procedura di assegnazione, non essendo possibile la prova contraria attraverso l’espletamento ex post di una gara “virtuale” che certifichi lo stesso esito”. Conclusione: diniego legittimo e Casa Damiani fuori dall’Ottagono.