"Mio nonno? Era chiamato “lo sceriffo buono”. Quando eseguiva dei fermi, si accertava che le famiglie degli arrestati non si trovassero in difficoltà. Se si trattava di persone in condizioni di disagio, lui stesso regalava soldi, o vestiti. Per me è un motivo di orgoglio. Grazie a uomini come lui, ora viviamo in uno Stato democratico, basato sulla giustizia e l’equità". Queste le parole che Emanuele Maritano ha pronunciato a margine della cerimonia in onore del nonno, il maresciallo dei carabinieri Felice Maritano, ricordato ieri a Robbiano di Mediglia, a 50 anni esatti dalla scomparsa, con un evento commemorativo alla presenza dei più alti vertici dell’Arma. Classe 1919, eroe di guerra nei Balcani durante il secondo conflitto mondiale, Maritano comandò a lungo la stazione dei carabinieri di Rivarolo (Genova). Pluridecorato, all’età di 55 anni chiese e ottenne di entrare a far parte del Nucleo speciale anti-terrorismo fondato dal generale Dalla Chiesa. Il suo contributo si rivelò decisivo per l’arresto del brigatista Roberto Ognibene, intercettato a Robbiano di Mediglia, dove le Brigate Rosse avevano ricavato un proprio covo in un appartamento di via Amendola.
Nelle concitate fasi della cattura ci fu un conflitto a fuoco, durante il quale il maresciallo 55enne venne colpito a morte dallo stesso Ognibene. Era il 15 ottobre 1974. "A distanza di 50 anni, sono cambiati i tempi e le persone, ma i valori fondanti della convivenza civile restano gli stessi: democrazia, inclusione e libertà. Valori che il maresciallo Maritano ha contribuito a riaffermare, con forza. Il suo è un esempio anche per le nuove generazioni", ha rimarcato il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, Teo Luzi. Oltre alle autorità locali (in testa il sindaco di Mediglia Gianni Fabiano), alla commemorazione ha preso parte una rappresentanza degli studenti dell’istituto comprensivo Emanuela Loi. Durante l’iniziativa è stata deposta una corona di fiori davanti alla lapide che ricorda Maritano, nel luogo dove si consumò la sparatoria.