GIANFRANCO GANDINI
Cronaca

Martinitt e quei milanesi doc

A lezione di dialetto

A lezione di dialetto con Gianfranco Gandini

Milano, 1 luglio 2017 - La rubrica ha trattato di vari argomenti, dal lessico alla grammatica, dai luoghi ai modi di dire a essi connessi, ai lavori e molte altri ‘tòcch de Milan’, tutte curiosità, storie e leggende della nostra città. E per fare grande Milano ritengo sia anche merito delle persone che hanno contribuito a renderla più ricca e famosa, industriali, intellettuali, artisti, insomma quello strato sociale che si è distinto. Fra questi ve ne sono alcuni che hanno qualcosa in comune, qualcosa che hanno condiviso per alcuni anni della loro vita: l’Orfanotrofio dei Martinitt. Da esso, infatti, sono usciti molti milanesi che hanno dato lustro a Milano, essendosi contraddistinti in vari settori, da quello industriale a quello artistico, finanche ecclesiastico! Non è certamente sufficiente questo spazio per elencarli tutti, descrivendo seppur brevemente la loro storia; ne condividerò con i lettori solo alcuni. Partendo dal XIX secolo troviamo Edoardo Bianchi (1865-1946), martinin che si distinse nel campo delle biciclette; appresi i primi rudimenti della meccanica nell’istituto e particolarmente incline per quella disciplina, iniziò la sua attività nel 1885.  I suo merito va nell’aver rinnovato la concezione dei velocipedi, riducendone il diametro della ruota anteriore, adottando la catena di trasmissione e abbassando l’altezza dei pedali, creando così il primo prototipo di bicicletta moderna. Nel 1865 fu invitato a Palazzo reale di Monza per mostrare alla Regina Margherita il funzionamento della bicicletta e per istruire la sovrana sull’uso del velocipede. Bianchi studiò anche il modo per favorire l’uso della bicicletta alle donne che all’epoca erano impedite dall’ampiezza delle loro gonne, ne uscì la bicicletta da donna con telaio diverso da quella per uomo. Verso la fine del secolo provò a fornire di motore alcuni tricicli di sua invenzione. Sempre nel XIX secolo, l’istituto dei Martinitt vide come suo ospite Angelo Rizzoli (1889-1970). Rizzoli nacque da una povera famiglia, il padre faceva il ciabattino e morì poco prima che lui nascesse. Nei Martinitt Angelo Rizzoli apprese l’arte della tipografia e già a vent’anni, decise di lavorare in proprio aprendo una tipografia in via Cerva, insieme a un altro operaio. Terminato il primo conflitto mondiale, Rizzoli conobbe l’editore Tuminelli che gli suggerì di rilevare alcune riviste della Mondadori che non navigavano in buone acque, cosa che avvenne nel 1927, quando Rizzoli si aggiudicò quattro testate per la somma di 40.000 lire. Nel 1929 l’azienda è trasformata in ‘società di capitali’ col nome di “Rizzoli & C. anonima per l’arte della stampa”. Sono diverse le collane pubblicate, una fra le tante è la BUR (Biblioteca Universale Rizzoli) che proponeva i classici a prezzi popolari. Angelo Rizzoli iniziò anche l’attività cinematografica con la Cineriz: fra i film più famosi si ricordano quelli legati alla serie di Don Camillo e Peppone, La dolce vita, 8½, Deserto rosso, Giulietta degli spiriti e molti altri.