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Di che cosa si moriva a Milano nel '600? L'atlante delle malattie di Massimo Galli

Il noto infettivologo ha digitalizzato i registri del vecchio ospedale Ca' Granda

Di quali malattie si moriva nella Milano del '600? Una domanda affascinante, in cui si sovrappongono motivi di interesse storico e sanitario ma anche la semplice curiosità per la città che fu. Fra gli appassionati del tema c'è l'infettivologo Massimo Galli, già direttore del reparto di Malattie infettive dell'Ospedale Sacco di Milano. Insieme ad altri ricercatori ha ripescato i dati sulle cause di decesso dei cittadini milanesi fra il 1629 e il 1631, il periodo della peste manzoniana. Galli e i suoi collaboratori hanno digitalizzato i registri tenuti nel triennio. "Siamo riusciti a fotografare la morte a Milano nel periodo della peste manzoniana - ha detto Galli all'Adnkronos Salute, definendo la sua attività di 'storico delle malattie' un 'divertissement collaterale' - E' qualcosa di cui siamo molto orgogliosi".

Il metodo 

"Siamo stati nei locali storici della Ca' Granda - ha raccontato lo scienziato, durante un evento della rassegna Book City all'università Statale - Pochi sanno che al di sotto del cortile della Statale c'è il sepolcreto dove sono stati scaricati per più di due secoli i deceduti dell'ospedale che, se non reclamati, venivano inumati in questi sotterranei. Su questo c'è in ballo una ricerca storico antropologica di grande interesse, di cui si è occupata la nota antropologa forense Cristina Cattaneo". Quello che emerge è una fotografia di vita, morte e attività dei milanesi del passato. E un atlante delle loro malattie. "Certamente non si tratta di persone morte di peste - ha precisato l'infettivologo - ma di qualsiasi patologia e gran parte di questi resti sono seicenteschi. Io presento i risultati della trascrizione, della digitalizzazione dei registri dei morti di Milano". 

Cosa sono i registri dei morti

"I registri dei morti - ha illustrato Galli - furono stabiliti nel 1450 da Francesco Sforza con l'obiettivo di identificare in modo rapido gli eventuali morti di peste in città. Il senso era: volete avere il permesso di seppellimento? Prima bisogna che un ufficiale del Comune o il medico curante certifichi di cosa siete morti, aggiungendo che siete morti 'sps', cioè 'sine pestis suspicione'. Per me è un divertissement, mi sto occupando da diverso tempo di studi sulla storia delle epidemie in questa città anche andando su dati originali, e questa è una cosa che mi vede partecipe".