
Valerio Massimo Manfredi
Milano, 22 marzo 2015 - «Milano mi ha cambiato la vita lanciandomi nel mondo dell’editoria e facendomi diventare un autore internazionale». Lo racconta l’archeologo e scrittore Valerio Massimo Manfredi.
Professore intanto precisiamo che lei è emiliano di origine. «Certo, per l’esattezza di Piumazzo di Castelfranco Emilia e infatti mi sono laureato in Lettere classiche all’Università di Bologna dove ho incontrato la persona che ha dato una svolta alla mia vita, la Professoressa Marta Sordi».
In che modo? «Lei insegnava a Bologna Storia antica e dopo la mia laurea mi invitò a trasferirmi a Milano all’Università Cattolica dove nel frattempo le era stata assegnata la cattedra di Storia greca e romana. Arrivai a Milano nei primi anni ’70. Fu un periodo di continui andirivieni in auto tra l’Emilia e la Lombardia e alla Cattolica mi specializzai in Topografia del Mondo Antico».
Si sentì subito coinvolto nella vita milanese? «Sì, questa è una città che vive grazie alle sue competenze, con le sue almeno cinque università, senza considerare i vari centri di ricerca, i suoi musei, teatri, biblioteche e case editrici».
Una volta specializzato cosa fece? «Rimasi in Cattolica per insegnare Topografia antica. Furono anni meravigliosi, poi però tutto si interruppe».
Che accadde? Per una serie di malintesi si concluse il mio rapporto con Marta Sordi e di conseguenza con la Cattolica. Mi ritrovai dall’oggi al domani senza un lavoro. E invece il “fattore Milano” entrò in azione».
Cos’è il “fattore Milano”? «Per me corrisponde all’adagio “si chiude una porta, si apre un portone”. E infatti di lì a poco “Il Giornale” di Montanelli mi offrì una collaborazione molto ben pagata per scrivere reportage sul mondo antico. Cominciò un periodo di viaggi, in Spagna, in Marocco, nel Mediterraneo per ricostruire le rotte della navigazione nell’antichità. Tenni anche corsi in vari atenei, come di Etruscologia ad Arezzo. Ad assistere a una delle mie lezioni c’era anche un professore universitario americano che poi mi invitò a insegnare a Roma e negli Stati Uniti alla Loyola University».
Dunque abbandonò il capoluogo lombardo? «Sì, certo. Ho avuto anche incarichi alla Sorbona e a Oxford. A Milano sono tornato negli anni ’90 per insegnare Archeologia al Cleacc della Bocconi. Ma soprattutto è grazie a questa città che ho dato alle stampe il mio primo romanzo “Palladion” nel 1985 intrecciando un rapporto con la Mondadori che non ho più interrotto, pubblicando con la casa editrice di Segrate 18 titoli, di cui l’ultimo “Le meraviglie del mondo antico”».
E in mezzo c’è la scrittura di tanti best sellers, da cui sono state tratte due pellicole di successo da cineasti americani. Ma qual è la zona di Milano che preferisce e che potrebbe entrare in suo romanzo e anche in un film? «Sant’Ambrogio. La sua Basilica che risale al IV secolo d. C. è una delle più antiche d’Italia. E’ una chiesa romanica unica nel suo genere con il grande tetto a due spioventi, in mattoni rossi, con vaste arcate in facciata e un grande quadriportico anteriore. Una vista sempre emozionante».
All’interno cosa la colpisce di più? «Il sarcofago detto di Stilicone, un generale vandalo, ma strenuo difensore dell’Impero che di fatto governò la parte occidentale dopo la morte di Teodosio I, finché lui stesso fu ucciso nel 408. Quando lo vidi la prima volta da ragazzo mi fece molta impressione e cominciai a guardare tutto intorno cercando il ritratto di Stilicone. Non lo trovai e ne fui deluso. Poi scoprii che quell’effigie, parte di un dittico con la moglie Serena e il figlio Eucherio stava nel tesoro del duomo di Monza. Inoltre il quartiere in cui si trova la Basilica di Sant’Ambrogio è di grande fascino, per i bei palazzi milanesi e per l’enorme zona pedonale che ne è stata ricavata. Un’oasi di pace in mezzo al fervore cittadino».
E la professoressa Sordi l’ha più rivista? «Sì, circa tre mesi prima della sua morte che avvenne nel 2009. Seppi che era molto malata e le scrissi. Lei mi rispose subito. L’andai a trovare un pomeriggio nella sua bella casa in Porta Romana. Parlammo di tutto, evitando di toccare il passato. Dopo mi sentii riconciliato con quel periodo della mia vita che nonostante tutto è stato fondamentale per me».
di Massimiliano Chiavarone mchiavarone@yahoo.it