Milano, 1 maggio 2016 - «Mi piace sentire le gambe che tremano, l’adrenalina che sale. A ‘Rischiatutto’ è stato così». Arriva davanti al portone della redazione con il suo scooter, le sneaker ai piedi, in tutta la sua freschezza: giù il casco e Matilde Gioli è un fiume in piena. Per la Angelina Jolie d’Italia, com’era stata battezzata al suo debutto ne «Il capitale umano» di Paolo Virzì, è un anno ricco: dopo aver calcato decine di set, la ventisettenne milanese ha fatto capolino sul piccolo schermo al fianco dei mattatori Fazio e Fiorello.
Com’è stato il battesimo della diretta in tivù?
«Mi sono sentita come prima di un esame o di una gara di nuoto. Anche Fabio e Fiorello erano tesissimi, e pensare che contavo sulla tranquillità dei maestri del mestiere (sorride)».
A ingaggiarla è stata Fazio in persona?
«Ero in vacanza alle Maldive, la prima vacanza tropicale della mia vita, sono più da zaino in spalla, e arriva la chiamata: “Matilde buongiorno, sono Fabio Fazio, ti seguo sempre e ti stimo moltissimo come attrice. Rifaccio il Rischiatutto, mi piacerebbe averti al mio fianco per fare Sabina Ciuffini. So che non vuoi fare la valletta e la velina, però sappi che è un po’ un gioco di ruoli”. Mi ha fatto capire subito che era un progetto in cui non metteva solo professionalità ma sentimento, era molto affezionato a Mike. Ho pensato fosse un’esperienza divertente. Perché no? ».
Cosa conosceva di Rischiatutto?
«Nulla. Mia nonna e mia mamma ricordavano i campioni, la signora Longari, Fabbricatore. Ad attirarmi è stato proprio il fatto di non conoscere il programma e ho volutamente evitato di andarmi a vedere le puntate».
La Ciuffini è stata una valletta rivoluzionaria: parlante, ha rotto molti tabù della Rai. Una bella responsabilità.
«Rappresentava un’ideale di emancipazione, di libertà. Mi è piaciuto prestare il mio volto. Sapevo di non poter essere lei: siamo nel 2016 e non nel 1974, la figura della soubrette, della velina, ha avuto un’evoluzione che secondo me è un po’ degenerata rispetto alla Ciuffini. Forse poteva apparire anacronistico».
Però molti hanno detto: “È come Sabina, che osava interloquire e obiettava anche con Mike”.
«Fazio mi ha lasciato molta libertà. Sono andata a leggere i commenti del social network: tanti sono positivi, ma c’è stata anche una percentuale di critiche. Evidentemente qualcuno non ha colto, e ci sta, però spero che la maggior parte delle persone abbia visto nel mio modo di interagire con lui assoluta ironia. Il non parlare in continuazione, per esempio, fa parte del mio carattere: se non hai contributi positivi da aggiungere meglio un silenzio partecipe».
Ha dispensato anche citazioni in greco.
«Quando Fiorello ha detto che stava diventando presbite ho pensato: qua però glielo devo proprio dire che deriva da presbys, che vuol dire anziano».
Seconda materia della Gioli al Rischiatutto: filosofia, la sua laurea.
«Avrei voluto fare medicina, ma non ho passato il test per pochissimo e non ho voluto prendere scorciatoie. Ho scelto la facoltà di filosofia ripartendo dalla mia passione: sia chiaro, non ero una studentessa con i fiocchi, dimenticavo i compiti o di fare le versioni, ma il liceo e l’università mi hanno dato una forma mentis che mi sta aiutando tantissimo, filosofia mi ha insegnato a stare ‘schiscia’ di fronte all’infinitamente grande e all’infinitamente piccolo. L’umiltà vince sempre. Mi mancano pochi esami per la laurea specialistica, voglio chiudere il cerchio e non lasciare nulla in sospeso».
Sarà la Ciuffini anche a ottobre?
«Rischiatutto ci sarà, ma io no. Questa escursione in tivù è stata adrenalinica, ma ho molto chiaro il mio percorso, vorrei continuare a fare l’attrice. Non è un giudizio, è che nel cinema è tutto molto precario, i film si prendono il giorno prima e vorrei avere la libertà e il tempo di girare».
Il cinema italiano sta dando segni di ripresa?
«Assolutamente sì. Ai David di Donatello ho visto uno ‘svecchiamento’, penso all’opera prima Jeeg Robot, a Ilenia Pastorelli, che arrivando dal Grande Fratello era carica di pregiudizi e invece è stata premiata per la performance, al di là del percorso. È segno di vitalità».
Quando dopo «Il capitale umano» la chiamavano la Jolie italiana non ci credeva molto, si è un po’ convinta?
«È diventato il mio lavoro, ma c’è ancora quello spazio che lascio tra me e il mio mestiere. So che così com’è capitato tutto in maniera repentina potrebbe andarsene. È un lavoro precario, non mi posso basare su numeri e certezze. Lascio sempre un certo distacco per proteggermi e non mi spaventa se dovesse finire tutto, non mi stupirebbe se a un certo punto virassi da un’altra parte, ho anche altre passioni. Certo ho preso più consapevolezza sul set. La mia arma vincente è stata essere una tabula rasa. Mi piace lavorare sulla spontaneità, anche se interpretando i ruoli di pancia i personaggi lasciano dei solchi profondi in me».
Per cosa adesso Matilde rischierebbe tutto?
«È difficile in questo momento storico di grande precarietà chiedere di rischiare tutto. Io lo farei per cose assurde: la salute perenne per la mia famiglia, la felicità assicurata per tutta la vita. Tornando alla realtà mi sentirò realizzata quando avrò una famiglia: voglio sposarmi, avere dei figli. Sento il bisogno delle radici. Per questo rischierei anche il lavoro e la carriera».