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Caso Maugeri, Passerino: "Daccò ci aprì le porte della Regione"

Lo ha spiegato in aula l’ex direttore amministrativo della struttura di riabilitazione di Pavia Costantino Passerino, ascoltato nell’udienza del processo sul caso Maugeri, in cui è imputato insieme a Daccò, all’ex assessore regionale Antonio Simone, all’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni

L'esterno del Tribunale di Milano

Milano, 13 maggio 2015 - Il faccendiere Pierangelo Daccò «aprì le porte della Regione Lombardia» alla Fondazione Maugeri. Lo ha spiegato in aula l’ex direttore amministrativo della struttura di riabilitazione di Pavia Costantino Passerino, ascoltato nell’udienza del processo sul caso Maugeri, in cui è imputato insieme a Daccò, all’ex assessore regionale Antonio Simone, all’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, ora senatore del Nuovo centrodestra, e ad altre sei persone. Rispondendo alle domande del pm di Milano Laura Pedio, durante l’esame Passerino ha confermato di aver pagato Daccò e Simone, fino al 2008, con il 25% dell’importo totale delle funzioni non tariffabili deliberate dalla Regione «grazie al loro intervento».

Somma che dal 2008 scese al 12,5% e dal 2010 a «sei milioni di euro forfettari annuali comprensivi di tutte le loro attività». Parte del denaro, secondo quanto aveva riferito in passato Passerino agli inquirenti che lo avevano interrogato, sarebbe stato giustificato da Daccò come «somme dirette anche a remunerare i loro referenti in Regione» e a ottenere quindi provvedimenti favorevoli alla Fondazione. «Simone sicuramente aveva un rapporto con Formigoni - ha spiegato Passerino -, in quanto erano vecchi e buoni amici». L’ex manager, ora in pensione, secondo quanto risulta dai verbali degli interrogatori letti oggi in aula, aveva dichiarato inoltre che Antonio Simone era «il vero e principale interlocutore di Formigoni». Secondo l’ipotesi accusatoria, la Maugeri avrebbe remunerato, tramite Daccò e Simone e sotto forma di benefit di lusso e utilità per circa 8 milioni, anche l’allora governatore lombardo, i suoi amici e familiari in cambio di delibere di Giunta ad hoc per assicurare alla Fondazione rimborsi «indebiti» per le funzioni non tariffabili (quindi extra Drg) che, in base agli accertamenti, sono arrivati a sfiorare i 200 milioni di euro.

Passerino ha spiegato che in passato uno dei principali «referenti politici» della Fondazione Maugeri era l’ex consigliere e assessore regionale Gian Carlo Abelli che, in cambio del suo appoggio, «chiedeva piaceri, come assunzioni di personale infermieristico». Dopo il varo della legge regionale 31 del 1997 sul riordino del sistema sanitario, «le cose cambiarono» e «l’appoggio di Abelli non bastava più». «La legge 31 ci aveva messo in ginocchio e ci trovavamo in difficoltà - ha spiegato Passerino -, avevamo bisogno di nuovi referenti politici e ci dissero che le assunzioni clientelari non erano più sufficienti». Nel 1997 iniziò quindi il rapporto tra la Fondazione  Maugeri e Antonio Simone, che presentò Daccò a Passerino «durante una cena». Grazie al lavoro di Daccò, messo sotto contratto dalla Fondazione negli anni successivi, «le porte si sono aperte, abbiamo cominciato ad avere un dialogo e alla Regione non cincischiavano più».

«Daccò mi diceva che faceva un lavoro per noi e per questo doveva essere retribuito - ha proseguito Passerino -, io e il professor  Maugeri abbiamo fatto i conti in tasca e ci siamo detti che ne valeva la pena». Durante l’esame dell’imputato, il pm si è soffermato anche sul presunto dirottamento di fondi dalle casse della Maugeri verso conti esteri per costituire la cosiddetta ‘provvistà necessaria per la corruzione. «La decisione era quella di tenere in Svizzera alcuni utili generati dalla Fondazione - ha precisato l’ex manager - come provvista per eventuali necessità». Il processo è stato rinviato al prossimo 21 maggio, quando verrà ascoltato ancora Costantino Passerino. Il 17 giugno è previsto invece l’esame di Roberto Formigoni.