
Lo storico Burghy, che diventò poi McDonald's
Era il 1984 quando la mitica hamburgheria Burghy, poi divenuta McDonald’s, apriva in piazza San Babila a Milano. All’epoca l’Italia era appena uscita dagli Anni di Piombo e da un decennio di terrorismo, contestazioni e crisi economica. Cresceva la voglia di rinascita e di ripiegare nel privato: c’era voglia di leggerezza, colore e divertimento. A Milano nasceva la sottocultura mitica dei “paninari”: i vestiti griffati e le grosse fibbie alla cintura si accompagnavano al consumismo. Fin da subito il locale divenne uno dei loro punti di ritrovo di quella generazione e ora, quarant’anni dopo, quel McDonald’s chiuderà.
La chiusura è prevista il 6 dicembre. Il motivo è che il contratto di affitto costa troppo e la proprietà avrebbe addirittura prospettato un aumento del canone di locazione, giustificato dell’aumento del costo della vita. I circa 35 lavoratori del locale, assicura l’azienda, non perderanno il posto ma saranno ricollocati tra piazza Duomo e Galleria Ciro Fontana.
A chiudere i battenti sarà un pezzo di storia italiana e, soprattutto, milanese. Sarà un altro pezzo di quella grande favola che fu la “Milano da bere”. Durante quegli anni furiosi i giovani scoprirono l’America e dimenticarono la politica. Il consumo culinario divenne fast food e quel Burghy in San Babila il simbolo della nuova modernità.
Una modernità fatta prima di tutto di vestiti di marca, dai jeans Levi’s alle cinture di El Charro, era una divisa “piuttosto costosa”, ricorda Isabella Toniolo, oggi sindacalista della Filcams-Cgil, allora dipendente Burghy, che non dimentica la “Milano da bere” radunata lì intorno. Allora, dice, era la città stessa che “veniva da noi a mangiare, non solo perché era di moda ma anche perché i prezzi erano più che abbordabili”. Oggi i prezzi sono più tanto abbordabili e anche la storia dei paninari sta scomparendo insieme ai luoghi che l’hanno ospitata.