
Il vice presidente di Mediaset, Pier Silvio Berlsuconi (Ansa)
Milano, 20 novembre 2014 - I pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro hanno depositato stamani il ricorso in appello contro le assoluzioni di Pier Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri, vicepresidente e presidente di Mediaset, prosciolti assieme ad altre 8 persone lo scorso luglio per il caso Mediatrade. La Procura ha fatto appello anche contro i proscioglimenti di altri sette imputati, mentre non ha depositato ricorso per l'assoluzione di solo uno degli imputati, l'ex manager Giorgio Dal Negro. Il processo è una 'costola' di quello Mediaset che ha portato alla condanna definitiva di Silvio Berlusconi. Al centro dell'indagine, presunte irregolarità da parte delle aziende riconducibili a Silvio Berlusconi nella compravendita dei diritti televisivi e cinematografici.
Lo scorso 8 luglio, i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Milano hanno assolto «perché il fatto non costituisce reato» Pier Silvio Berlusconi, ai tempi presidente di Rti-Mediatrade, e Fedele Confalonieri, così come il produttore statunitense Frank Agrama, gli ex manager del gruppo Daniele Lorenzano, Gabriella Ballabio e Giorgio Dal Negro dall'accusa di aver frodato il fisco per circa 8 milioni di euro in relazione al bilancio consolidato di Mediaset per tre anni (2006-2007-2008). Mentre per un anno, il 2005, è stato stabilito il «non doversi procedere» in quanto il reato è estinto «per intervenuta prescrizione». Il Tribunale, inoltre, ha derubricato in appropriazione indebita il reato di riciclaggio contestato all'ex dirigente Giovanni Stabilini e a Chan Mey-Yu e Chaterine Hsu May-Chun, le due donne di Hong-Kong considerate prestanome di Agrama dichiarando anche per questa accusa la prescrizione. Infine per il banchiere Paolo Del Bue, anche lui imputato per riciclaggio, ha ritenuto il «difetto di giurisdizione». Il Tribunale ha spiegato nelle motivazioni che Pier Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri sono risultati «estranei» al sistema «fraudolento» dei diritti televisivi, che è andato avanti fino al 2005. E il solo fatto che il vicepresidente di Mediaset sia «il figlio di Silvio Berlusconi», condannato in via definitiva a 4 anni per quel «meccanismo» di frode sui diritti tv (caso Mediaset), «è certamente elemento che potrebbe far sospettare», ma non prova affatto che lui sapesse come andavano le cose. Ora, dopo il deposito del ricorso dei pm, ci sarà un processo di secondo grado. La Procura non ha fatto ricorso, invece, per la posizione di Dal Negro, che era stato assolto anche per il caso Mediaset.