SIMONA BALLATORE
Cronaca

Medicina in inglese, i pionieri "La Dad in piena pandemia con i prof in prima linea Non ci hanno lasciati soli"

Al traguardo i primi 17 laureati del corso nato tra Bicocca e gli atenei di Bergamo e del Surrey. Hifza, primo alloro in famiglia e tutor per le matricole. Francesco tra camice bianco e rock.

Medicina in inglese, i pionieri "La Dad in piena pandemia con i prof in prima linea Non ci hanno lasciati soli"

di Simona Ballatore

Si laureano i 17 pionieri di Medicine and Surgery dell’università di Milano-Bicocca, il corso di laurea in inglese nato sei anni fa tra Bicocca, le università di Bergamo e del Surrey, e il Papa Giovanni XXIII, l’ospedale che si è trovato nell’epicentro della pandemia proprio mentre si stava sperimentando la nuova formula per l’insegnamento delle scienze mediche. "Quando è scoppiata l’emergenza stavamo cominciando un modulo sulle malattie infettive con il professore Marco Rizzi - ricordano i neolaureati -: stava affrontando una situazione nuovissima per tutti, ma non ci ha lasciati soli. Eravamo a distanza, ma è riuscito a gestire tutto, a prepararci". E a dare una motivazione in più agli aspiranti medici, che erano spiazzati dalla situazione, con i tirocini bloccati per mesi, ma che non si sono arresi e non hanno avuto ripensamenti: "Il Covid ci ha dato una consapevolezza: mancano medici, c’è bisogno anche di noi". Tra loro c’è Hifza Naz, 25 anni, di origine pakistana. Da quando è piccina sogna quel camice bianco ed è la prima laureata della famiglia. In piazza dell’Ateneo Nuovo la festeggiano tutti. È arrivata in Italia a 10 anni su per giù, è tornata a Rawalpindi dalla seconda media alla prima superiore, per poi trasferirsi prima a Calcio e poi a Palazzolo sull’Oglio. "Ho scelto di iscrivermi qui per l’ospedale di Bergamo, con la nostra torre 7, per la lingua inglese e per l’approccio innovativo: mi sono formata, non solo dal punto di vista medico, ma umano e con le nuove tecnologie", racconta Hifza che chiude con 110 e punta a Cardiologia. In mezzo ci si è messo il Covid. "E non è stato semplice tra la didattica a distanza e i professori in prima linea nella gestione della pandemia", confessa. Lei e i compagni si erano messi anche a disposizione, avrebbero voluto dare una mano in più. "Ma non si poteva, anche da un punto di vista legislativo", continua, ricordando poi il rientro in presenza con le mascherine in un mondo un po’ cambiato. A modo loro hanno vissuto l’emergenza in diretta "e quanto sia importante, nella medicina, il contatto con i colleghi e con i pazienti". E hanno capito pure cosa significhi essere i primi a sperimentare un nuovo corso: "Non avevamo studenti più grandi ai quali chiedere consiglio - spiega Hifza, che è stata anche rappresentante -. Per questo mi sono messa a disposizione delle matricole e dei ragazzi al secondo anno, facendo da tutor. Sono aumentati anche gli studenti stranieri: chiedono una mano per approcciarsi a un sistema universitario e a una burocrazia differenti". Oggi a Medicine and Surgery sono in 197: 86 maschi e 111 femmine; 109 italiani e 88 stranieri (20 da Paesi dell’Unione Europea e 68 extra Ue; 28 le nazionalità rappresentate).

Tra i pionieri c’è Francesco Ideo, di Palazzago (Bergamo): tesi in gastroenterologia. "Avevo tentato sia il test per Medicina in italiano che in inglese - racconta -. Ho passato entrambi. Ho scelto Medicine and Surgery non tanto per la possibilità di lavorare all’estero, che si apre comunque, ma per l’impostazione diversa, che funziona: dal terzo anno in avanti si procede per blocchi verticali, approfondendo apparato per apparato, ed è utile per avere un’idea più completa. In più c’era l’attrattiva delle lezioni in ospedale, tenute dai medici in corsia". "La pandemia ci ha messo di fronte a quello che già aleggiava: la carenza di medici. Siamo arrivati adesso al traguardo: rispondiamo ai bisogni del Servizio sanitario nazionale", sottolinea Francesco, che è anche chitarrista e bassista, ha all’attivo due dischi e un terzo in cantiere. "Abbiamo formato “medici del futuro”, per i quali il prendersi cura degli altri parte dalla dimensione umana del rapporto con il paziente, ma passa anche attraverso sistemi e tecnologie sempre più sofisticate", conclude la rettrice di Milano-Bicocca, Giovanna Iannantuoni, festeggiando i 17 apripista.