
Asia Argento e Rose Arianna McGowan alla manifestazione contro la violenza di genere
Il Metoo milanese partito dal settore della pubblicità, degli eventi e della comunicazione non si ferma. Tra le segnalazioni raccolte in questi giorni emergono nuovi nomi di grosse realtà indicate come ambienti di lavoro "tossici", cantanti, imprenditori e personaggi del mondo del cinema e della tv. Episodi che riaffiorano dal passato e altri più recenti, carriere rovinate dalla scelta di sottrarsi ad avance sessuali.
Tra le donne che si sono fatte avanti c’è anche Anna, che indichiamo con un nome di fantasia per tutelarne la privacy. Ha messo nero su bianco, in una testimonianza inviata al pubblicitario Massimo Guastini – che sta portando avanti una battaglia per la tutela delle donne – una serie di episodi subiti nel corso degli anni, facendo i nomi di aziende e molestatori.
Tra loro c’è anche il produttore statunitense Harvey Weinstein, il fondatore di Miramax che sta scontando una condanna definitiva per stupro, al centro di uno scandalo sessuale tra New York e Hollywood. Un episodio mai emerso prima, che Anna ha scelto di raccontare anche per portare un contributo al movimento.
"Ho conosciuto Weinstein al Festival del Cinema di Venezia – racconta al Giorno – Erano gli anni 2000 e all’epoca ero una studentessa poco più che ventenne appena tornata dall’Erasmus, che sognava di fare la fotografa di set. Stavo facendo degli scatti davanti all’ingresso dell’Hotel Excelsior, un uomo si è avvicinato e mi ha detto: “Non vuoi fotografare me?“. Io ho risposto che non ero interessata. Lui ha sgranato gli occhi, sembrava il risveglio del predatore". Era Weinstein, circondato da una “corte“ di assistenti e guardie del corpo.
Quell’incontro è sfociato in un drink al bar e in uno scambio di contatti. "Ogni volta che veniva a Venezia mi chiamava – prosegue Anna – mi invitava a feste e première. Siamo andati avanti così per anni, ed ero soprannominata “The girl who said no”, la ragazza che aveva detto no. Una volta mi ha invitata nella sua suite a Venezia con la scusa di vedere le mie foto, e sono scattate le molestie avvenute anche in un’altra occasione. Poi è sparito. Quando è emerso il Metoo negli Stati Uniti ho scelto di non denunciare perché per me era una pagina chiusa, ma sono contenta che sia stato condannato".
Anna ha subito molestie anche quando, dopo la laurea, si è trasferita a Milano per lavorare in grosse realtà degli eventi e degli spettacoli e sarebbe stata anche offerta come "agnello sacrificale" a un noto cantante che pretendeva una ragazza nel camerino. Episodi proseguiti anche sul set di un reality show. "Per loro era normale trattare le donne come oggetti – racconta – e la scelta di dire di no ha bloccato la mia carriera, mi ha fatto perdere opportunità. A un certo punto ho deciso di cambiare settore, spero che questo movimento sia solo il punto d’inizio".
Tra le tante testimonianze raccolte c’è anche quella dell’ex manager di un’azienda del lusso, che si è rivolta a un legale e ha denunciato gli abusi dell’amministratore delegato: "È finita che ho perso il lavoro, mi hanno liquidato una somma e lui è rimasto in sella".
"Il problema è in una società ancora patriarcale e maschilista che lascia le donne ai margini – riflette il segretario generale della Cgil di Milano, Luca Stanzione – e c’è molto da fare per cambiare la cultura nei luoghi di lavoro, attraverso una reazione che deve arrivare anche dal sistema delle imprese. Invitiamo le donne che subiscono abusi a rivolgersi al nostro Centro Donna, per ottenere consulenza e supporto".
Intanto le testimonianze (finora più di 500) continuano ad arrivare anche attraverso la pagina Instagram Taniume, gestita dalla copywriter freelance Tania Loschi e dalle altre donne che stanno portando avanti la battaglia. "Il Metoo si fermerà quando si fermeranno le molestie – racconta – e in questa fase stiamo raccogliendo e catalogando le testimonianze. Le imprese del settore sono nel panico, ma ci sono anche agenzie “amiche“ che hanno capito l’importanza di un cambiamento. Le leggi andrebbero ripensate – conclude – per rendere perseguibili anche abusi che nella maggior parte dei casi non vengono denunciati nell’immediatezza, ed emergono dopo anni".