CHIARA ARCESI
Cronaca

Metropoli a portata di tutti: "Urbanistica inclusiva con le donne al comando"

Bruna Floreani, coordinatrice del progetto nazionale “La città che vorrei”: "Lavoriamo per un ambiente che coniughi sviluppo economico e culturale".

Bruna Floreani, coordinatrice del progetto nazionale “La città che vorrei”: "Lavoriamo per un ambiente che coniughi sviluppo economico e culturale".

Bruna Floreani, coordinatrice del progetto nazionale “La città che vorrei”: "Lavoriamo per un ambiente che coniughi sviluppo economico e culturale".

Donne coinvolte e attive nel disegnare la città ideale. Donne presenti in posizioni apicali. È l’approccio giusto per creare una città che tenga conto delle esigenze di tutti? Secondo Bruna Floreani sì. La partecipazione della figura femminile nella progettazione urbana è fondamentale, aspetto però culturalmente non diffuso in questo momento. Fino a oggi le decisioni in ambito urbanistico sono state prese dagli uomini, che per loro natura hanno esigenze diverse dalle categoria rappresentate dalle donne, i bambini, i giovani e gli anziani in termini di servizi e trasporti. Ecco che la cittadina milanese, dottore commercialista, socia dell’organizzazione mondiale Soroptimist International d’Italia di 70.000 donne con rappresentanza all’Onu impegnate per l’empowerment femminile, ma soprattutto coordinatrice nazionale del progetto “La città che vorrei”, sta battendosi per reinventare la città a misura di donna.

Nelle trasformazioni urbane le donne sono escluse dalle decisioni urbane. Lo sostiene la Banca Mondiale. "Nel 2020 la Banca Mondiale ha redatto una ricerca sulle città a misura di genere e ha evidenziato che il 90% dei decision maker è di sesso maschile. Conoscendo il potenziale delle donne indica che, per ribaltare la situazione, le figure femminili devono occuparsi della città direttamente affinchè si possa considerare anche la loro visione ed i loro bisogni. Per questo motivo ci stiamo impegnando su questo fronte".

Nasce quindi il progetto nazionale “La città che vorrei” con lo scopo di reinventare la città a misura di donna? "Esattamente. Il progetto di cui sono responsabile nazionale e il cui partner istituzionale è l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, ANCI, è volto a portare la voce delle donne, in qualità di cittadine, nel percorso di trasformazione verso una città sostenibile".

Cosa s’intende per “città sostenibile”? "Significa progettare soluzioni urbanistiche che migliorino insieme la vita delle persone, l’ambiente, l’economia e la cultura. Gli interventi che proponiamo riguardano 4 dimensioni tra loro connesse. La prima è la “Città dei cittadini”, che punta sulla loro partecipazione attiva ai cambiamenti e alle trasformazioni, presupponendo chiaramente la relativa preparazione. La seconda è la cosiddetta “Città attrattiva e delle opportunità”. Le donne si focalizzano maggiormente sugli aspetti sociali, ma per evitare che gli aspetti economici vadano in sofferenza, le istituzioni devono avere la capacità di creare ricchezza, lavoro, valorizzare i talenti, le potenzialità del territorio e investire in cultura. Una “Città green, vivibile e resiliente” è la terza dimensione. Si intende la responsabilità da parte delle istituzioni e dei cittadini di mirare alla riqualificazione delle infrastrutture esistenti e ad una pianificazione urbana rigenerativa. Un aspetto importante su cui lavorare è anche rilevare i rischi sanitari, non solo ambientali e sociali, penso alle nuove povertà. Nella programmazione occorre pensare quindi le soluzioni migliori che li fronteggi. Ad esempio, pensando a progetti che favoriscano lo sport, visti gli alti tassi di sovrappeso nel paese. Infine, una “Città a misura di tutti e per tutti”, in cui si pensi a nuove forme di volontariato professionalizzante, data la scarsità di risorse nel settore pubblico per far fronte ai bisogni e ai crescenti disagi della cittadinanza".

Milano è una città a misura di donna? "È la domanda che ci siamo posti nel 2016 con l’avvio di una ricerca in questa direzione che ha evidenziato ombre e luci. All’inizio del 2021 il progetto ha assunto carattere nazionale perché ci si è resi conto che quello in cui viviamo è il secolo delle città, dove la maggioranza delle persone vive per l’esistenza di maggiori opportunità lavorative, culturali, sociali, economiche e di tempo libero. Ma è un modello che sta creando criticità ambientali, sociali e un malcontento che, per la prima volta, sta coinvolgendo la classe media, come evidenziato dal World Economic Forum. Da qui l’impegno ad agire sulle nostra città, inclusa Milano".

Città dei cittadini, green, delle opportunità, a misura di tutti e per tutti”: le linee guida alla base del progetto. Come si è giunti a definirle? "Tramite un sondaggio nazionale a cui hanno risposto 5.500 donne a cui è stato chiesto cosa pensano dell’attuale città e quale città vorrebbero. Da questa importante campionatura è emerso che metà sono ottimiste e l’altra metà pessimiste. In particolare, il 60% dell’insoddisfazione riguarda il lavoro, l’housing e la cura e la manutenzione del territorio. Dalle risposte al questionario è stato predisposto un “manifesto” sulla “città che vorrei” che contiene appunto le 4 dimensioni".