
Metropolitana 4 di Milano
Milano – L’allarme era scattato nel 2020, quando per due volte si verificarono cedimenti e si aprirono voragini sotto i palazzi. Successe sempre in via Santa Sofia, lungo la cerchia dei Navigli, nel centro di Milano. La prima volta a giugno, la seconda a ottobre. Furono i due casi più eclatanti. E bastarono per convincere il Comune e il consorzio M4 a cambiare le modalità di cantierizzazione.
Quei crolli, infatti, erano legati agli scavi per la costruzione delle stazioni, delle gallerie e dei corridoi della tratta centrale della Metropolitana 4. Cantieri che, proprio lungo quella tratta, presentavano e presentano una difficoltà in più, un’antagonista in più: l’acqua che scorre nel sottosuolo. Le lavorazioni avvenivano e avvengono al di sotto della falda. In Santa Sofia – come fu poi ricostruito – era stata una sacca d’acqua creatasi durante gli scavi in un cunicolo di collegamento alla galleria a trascinare con sé soletta e pavimentazione delle cantine del palazzo. In questi casi, di solito, l’acqua viene domata con iniezioni di cemento nel sottosuolo. E questa, fino ad allora, era stata anche la scelta compiuta per i cantieri M4. Una volta rivelatesi insufficiente, ecco la svolta: congelare l’acqua di falda.
Sì, proprio così: ricorrere all’azoto per trasformare l’acqua in ghiaccio e poter lavorare in sicurezza, evitando cedimenti e voragini. Una volta teminata l’impermeabilizzazione dei corridoi di servizio delle stazioni della metropolitana, si procede allo scongelamento: l’acqua torna acqua. Una scelta che ha accomunato e continua ad accomunare i cantieri di tutta la tratta centrale: dalla stazione di San Babila a quella di via Foppa. Milano ha un cuore di ghiaccio. E lo ha pagato caro, circa 30 milioni di euro: a tanto ammonta la spesa sostenuta fino al 2022 per congelare la falda nel sottosuolo del centro città. Un extracosto rivelato ieri da Salvatore Barbara, capo della Direzione Specialistica Infrastrutture del Comune, nel corso di una commissione consigliare.
Non l’unico extracosto, però. Il rincaro di acciaio, calcestruzzo, rame e altri materiali ha fatto lievitare i conti di altri 75 milioni. Se si aggiungono, infine, il fattore pandemia da Coronavirus e l’Iva, i costi non preventivati ai quali bisognerà far fronte salgono a 140 milioni, per una spesa complessiva di oltre 2,3 miliardi. Nel dettaglio, il rincaro dei materiali sarà coperto dal Governo che, come spiegato da Barbara, si è impegnato a stanziare quei 75 milioni di euro, anche se il Comune non li ha ancora in tasca perché manca il decreto che li trasferisca. Quanto al Covid, come noto, ha avuto l’effetto di prolungare i lavori di 14 mesi e ha comportato spese aggiuntive: basti pensare agli oltre 10 milioni di euro in più che si sono resi necessari per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale ma anche per misure quale la realizzazione di altri dormitori per gli operai in modo che si potessero rispettare le norme sul distanziamento.
Quanto al cronoprogramma dei lavori, il punto critico è rappresentato dalle sistemazioni superficiali in via De Amicis e Sforza, che termineranno a dicembre del 2024, anche a causa dei rinvenimenti archeologici fatti in questi anni, l’ultimo solo qualche settimana fa. A tal proposito, M4 Spa ha proposto alla Sovrintendenza di mantenere nel sito una parte del muro romano ritrovato durante i lavori di realizzazione del tunnel di collegamento tra la M4 e la M2, a Sant’Ambrogio, rendendolo visibile attraverso un vetro. All’inizio del 2024 sarà invece pronto il deposito di San Cristoforo, che consentirà la manutenzione e la custodia dei treni oggi svolte a Linate. L’intera tratta (da Linate a San Cristoforo Fs) sarà pronta a settembre 2024.