
Il progetto della nuova app MaaS è finanziato nell’ambito del PNRR con 40 milioni
Milano - Ora il progetto MaaS può entrare nel vivo: il Comune, infatti, ha risposto all’avviso pubblico lanciato dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica e dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili. Milano sarà, quindi, una delle 13 città italiane in cui MaaS sarà testato. Di che si tratta, esattamente? Si tratta del progetto anticipato su queste pagine l’11 dicembre scorso. L’acronimo MaaS sta per "Mobility as a Service", tradotto: "Mobilità come servizio". Il Governo, attraverso i due ministeri già citati, è pronto a investirvi 40 milioni di euro, fondi che originano dal Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR), fondi europei. MaaS è un’applicazione per smartphone e web che consentirà a chi ne farà uso non solo di pianificare i propri spostamenti scegliendo quali servizi di trasporto usare e come combinarli tra loro ma anche di prenotare e pagare biglietti, corse e viaggi. In sintesi: scelta, pianificazione e acquisto tutto su un’unica app.
Una volta inserito il punto di partenza e quello di destinazione, l’app illustrerà tutte le possibilità di trasporto che vi sono lungo quella tratta. Non solo le linee del trasporto pubblico locale ma anche l’eventuale presenza di taxi o di auto, scooter, biciclette e monopattini in sharing. A quel punto sarà possibile scegliere se muoversi usando un solo mezzo di trasporto o se combinarne diversi. E una volta fatta la scelta sarà possibile, come anticipato, prenotare e pagare quel che occorre prenotare o pagare direttamente sull’app.

In una parola: intermodalità a portata di smartphone. Per la realizzazione del progetto, il Governo ha puntato in via prioritaria sull’adesione delle 14 Città Metropolitane del Paese, a partire da Milano. Tra queste, in seconda battuta, individuerà tre città leader che facciano da laboratorio per le prime sperimentazioni concrete del servizio. E Milano, con ogni probabilità, sarà nel trio di testa. Qui l’offerta di trasporto pubblico locale e di mobilità in sharing è, infatti, meglio organizzata e sviluppata che in altri capoluoghi, per questo la città appare come un laboratorio naturale in cui sperimentare una simile applicazione. "È un nuovo modo di intendere la mobilità, è una rivoluzione – spiega entusiasta l’assessore comunale alla Mobilità, Arianna Censi – ed è giusto che parta dalle grandi aree urbane. L’idea alla base è il rapportarsi all’organizzazione della propria mobilità in modo più dinamico e non ripetitivo e, a regime, potrebbe produrre risparmi di scala".
La difficoltà principale nel far decollare un servizio come questo sta nella gestione e nella condivisione dei dati che vengono raccolti, custoditi e usati dall’applicazione e che originano da aziende e realtà diverse. Senza contare i dati relativi ai clienti, agli utilizzatori, vale a dire al pendolare che dovesse servirsi di questo strumento. Detto altrimenti: c’è un problema di privacy e un problema di possesso e utilizzo trasversale di dati relativi a singole aziende. Altro punto correlato è chi debba avere la responsabilità ultima di un’applicazione simile, di un tale aggregatore di servizi. Temi, questi, che saranno presto definiti e sciolti. Ora partirà la fase di istruttoria dei requisiti di ricevibilità e ammissibilità delle candidature. Sicuro, almeno a Milano, è l’interesse degli operatori dello sharing, che, come hanno già fatto sapere a Palazzo Marino in occasione dell’incontro avuto a dicembre con l’assessore Censi, guardano con favore allo sviluppo di uno strumento che li equiparerebbe ai servizi di trasporto tradizionali.