
L'articolo del Giorno dopo il delitto
Milano, 29 agosto 2022 - A ottant’anni Clotilde Fossati, Tilde per gli amici, è una donna ancora attiva e vitale. Vedova, potrebbe vivere con la pensione di reversibilità del marito, funzionario di banca. Invece non rinuncia alla lezione di pianoforte. Sempre a domicilio degli allievi, perché sono poche le persone autorizzate a varcare la soglia dell’appartamento, tre stanze più servizi al secondo piano di un condominio al numero 36 di corso di Porta Nuova. Viene trovata dai vigili del fuoco, avvertiti da una nipote, allarmata per il silenzio della zia, all’una delle notte fra l’11 e il 12 giugno 1988, una domenica. Tilde è stata uccisa il venerdì. L’assassino ha infierito su di lei con un coltello da cucina, sedici centimetri di lama, senza le guancette del manico. Dieci colpi, fino a sfigurarle il viso. Una sola certezza. La maestra di piano conosceva il suo carnefice. Lo ha fatto entrare lasciando aperta la porta esterna. Gli ha offerto un bicchierino di Strega e permesso di fumare due sigarette Marlboro. Poi chi era con lei ha afferrato la bottiglia dell’amaro, ha colpito Tilde al capo (il cristallo è incrostato di sangue e carne), ha incrudelito sulla donna già a terra. Bicchiere e mozziconi oggi sarebbero una miniera di informazioni, ma siamo nel 1988. Dna è un acronimo ancora semisconosciuto, nessuno sa cosa farsene di quei reperti, di quella saliva. L’assassino si è lavato le mani nel lavandino della cucina. Ha spostato due quadri, ha trovato la cassaforte senza tentare di aprirla. Si è impossessato solo della borsetta argentata con la catena dorata della vittima, abbandonata fatti pochi passi e ritrovata da un netturbino in un cestino dei rifiuti, fra via San Marco e via Moscova.
Davanti agli investigatori della Omicidi della questura si staglia una parete levigata, priva anche del minimo appiglio. In quelle strade così frequentate nessuno ha notato un uomo con i vestiti imbrattati dopo un massacro che ha lasciato schizzi di sangue fino al soffitto. E la borsetta? Un tentativo di depistaggio oppure quello che cercava l’assassino, la molla della sua furia, era lì dentro, in mezzo a documenti, un’agenda, gli occhiali, una chiave, un pettine? Sulla testa della signora Clotilde dall’85 pendeva lo sfratto. I vicini di casa se ne sono andati. Il 10 marzo l’appartamento è stato venduto per 525 milioni. Lei resisteva. Le hanno dato tempo fino al 30 aprile, poi una proroga al 31 maggio. Andarsene è il suo cruccio. Si è confidata con Maria, la sorella di cinque anni maggiore. Ha chiesto consiglio a una cartomante. Ogni santo giorno riceveva la telefonata della geometra dell’impresa che ha comprato il palazzo.
Insisteva per il rilascio dell’alloggio, anche perché il nuovo proprietario si era stufato, aveva fatto mandare dall’avvocato il decreto ingiuntivo per riavere i 50 milioni di caparra e 125 di anticipo, più altri 125 di penale. E’ stato così anche la mattina di quel venerdì. Hanno discusso finché, alle 12.45 il disco Sip ha avvertito la geometra di una chiamata urgente. Ha richiamato alle 12.54. Occupato.
Cinque minuti dopo, squilli a vuoto. Ancora un tentativo alle 13.08. "Non vuole più rispondere", ha pensato la geometra. L’alibi della donna viene passato al setaccio e risulta di acciaio: le telefonate, il pranzo con un amico al ristorante, la sosta in un negozio, taxi, rientro in ufficio alle 15.30. Nel palazzo lavora una squadra di tredici muratori. Uno di loro, Antonio, 42 anni, di Trani, diventa il sospettato numero uno.
E’ il solo che il giorno dell’omicidio è rimasto per quasi mezz’ora dopo il pranzo. Lungamente torchiato, prima nega, poi ammette di avere conosciuto la signora, di essere entrato tre volte in casa sua per piccoli lavoretti, ricompensati con mille lire. Sugli abiti da lavoro indossati quel giorno nessuna traccia di sangue. Il fermo non è convalidato. Si riparte. Viene controllato il figlio della signora delle pulizie, un ventenne che pare frequenti cattive compagnie. Si scandaglia l’ambiente familiare. La sorella e la nipote sono le eredi: nella cassetta di sicurezza in banca i risparmi, anelli, orecchini, bracciali, un Rolex, 99 marenghi d’oro, in casa mezzo migliaio di titoli e un libretto di deposito da 204 mila lire nella cassaforte. Nessun inciampo, nessuna smagliatura. E sempre quella parete tutta liscia, impossibile da scalare.