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Milano in monopattino. Tra pavé e rotaie killer. Una roulette russa dove non ci sono regole

Viaggio tra Loreto e la cerchia dei Bastioni: piste ciclabili e strade trafficate. La micromobilità elettrica va ovunque, ma è pericolosa e nessuno la controlla.

Milano in monopattino. Tra pavé e rotaie killer. Una roulette russa dove non ci sono regole

Il dato fornito da Areu nel 2022 è circa tre incidenti al giorno con quattro morti in un anno. Tanti. Troppi. Ma la cosa eclatante di questi numeri è che, alla prova dei fatti, sembrano davvero bassi. Quella che segue è la cronaca di un piccolo viaggio – circa un’ora e mezza – tra centro e cerchia dei Bastioni a bordo di un monopattino elettrico in affitto. La chiamano Micromobilità elettrica (potere dell’ecomarketing) e invece trattasi di Macrorischiosità anarchica.

Se c’è infatti un dato evidente dell’utilizzo dei monopattini elettrici è che di regole in pratica non ce ne sono, mentre i pericoli sono in agguato a ogni incrocio. Per quanto riguarda le norme, il Comune di Milano – sul suo sito – si limita a darne una manciata: età minima (14 anni), divieto di andare in due e sui marciapiedi, velocità massima di 20 kmh (nelle aree pedonali ridotta a 6 kmh) e circolazione “interdetta in aree aventi criticità dal punto di vista della sicurezza, ad esempio sulle pavimentazioni in pietra di fiume” (un esempio a Milano è il tratto accanto al parco in via Santa Croce).

Il nostro giro prevede la partenza da via Benedetto Marcello, zona Loreto-Centrale, l’attraversamento del centro, l’arrivo oltre le Colonne di San Lorenzo, il ritorno nelle vie della zona 30 intorno al Carrobbio. In mezzo il “test” di varie piste ciclabili – viale Monza, Buenos Aires, viale Tunisia, Porta Venezia – e la prova (di coraggio) su strade di grande traffico: Bastioni di Porta Volta, Bastioni di Porta Nuova, viale Majno.

Primo passo l’affitto. E la prima sorpresa: sull’app dedicata di monopattini, almeno tra Loreto e Porta Venezia - intorno a mezzogiorno di sabato - ce ne sono pochini. Comunque molti meno rispetto alle bici elettriche. Chissà, forse la lezione di Parigi, che dal primo settembre ha vietato questi mezzi, sta dando frutti anche da queste parti.

Trovato il mezzo si può partire. In realtà la partenza è già parte del problema. Il monopattino infatti quando si ferma – per uno stop, un semaforo, un qualsiasi ostacolo – si spegne o entra in standby. Per riprendere la marcia bisogna ogni volta dare un paio di spinte con i piedi. Il risultato è un estenuante su e giù.

Il monopattino sconta il suo essere né carne né pesce. Un motore elettrico da 250 watt montato su mezzo ideato per i bambini, dotato di freni a disco e ruote poco più grandi di quelle del carrello della spesa. Qual è il suo posto in strada? Nelle vie con auto e furgoni è troppo piccolo, instabile e lento. Sulle piste ciclabili invece è troppo veloce. In Buenos Aires, per esempio, sul metro e mezzo dedicato alle due ruote convivono biciclette a passo d’uomo, monopattini e bici elettriche da 20 all’ora, insieme alle bici elettriche “pompate” dei fattorini che raggiungono anche i 45 all’ora. Il tutto su un tratto di strada in cui gli automobilisti ancora non hanno digerito fino in fondo le regole, tra parcheggi selvaggi e svolte assassine. Dopo l’incrocio con viale Tunisia ecco un’Audi ferma sulla ciclabile. Sembra poca cosa, in fondo solo qualche minuto per fare un giro nel negozio: e invece, bisogna rallentare e scartare a sinistra sperando che l’auto che arriva da dietro vada piano e stia attenta.

Per non parlare del mucchio selvaggio ai dazi di Porta Venezia: tra auto che svoltano senza guardare, ciclisti daltonici (ma solo su rosso e verde) e pedoni in ordine sparso. Il copione si ripete in pratica su tutte le ciclabili cittadine. Con l’aggiunta di ciclisti e monopattini contromano su quella di viale Tunisia e dei runner su quella dei Bastioni di Porta Venezia.

In monopattino però si fa fatica a rivendicare il proprio posto in strada. Perché un posto i monopattini in realtà non ce l’hanno. Così, capita di far notare cordialmente a un 60enne parcheggiato con la sua Skoda sulla ciclabile di Buenos Aires, in attesa probabilmente della moglie, che “Qui non ci può stare” e sentirsi mandare serenamente a quel paese: “Ma cosa vuoi? Con quel ca**o di monopattino. Vai va...”. E non viene neanche da replicare. Alla fine prevale il senso di colpa per viaggiare su un mezzo che in realtà è un pericoloso intruso nel già rischioso flusso del traffico.

Dove davvero il monopattino mostra tutti i suoi limiti – e quelli di chi lo conduce – è il pavè. Il mezzo è infatti dotato di ammortizzatori (piccoli e rigidissimi) solo sulle ruote davanti. Sobbalzare sulle pietre centenarie del centro è un esercizio tanto faticoso quanto pericoloso. Governare le piccole ruote su un fondo così sconnesso è un’impresa. Quando poi ci si mettono anche i binari del tram e le voragini annesse, il viaggio in monopattino diventa una roulette russa. Come in via Torino, dove un piccolo e singolare divieto c’è - il monopattino raffigurato non è proprio d’immediata comprensione – ma nessuno controlla.

Ecco, appunto, i divieti. Di fatto non esistono. Il monopattino viaggia ovunque. Dalle aree pedonali alle ciclabili, dai vialoni alle zone 30. Una sorta di mezzo universale. Peccato che non sia adatto a nessuno di questi percorsi. In piazza Duomo si può tranquillamente fare lo slalom tra i turisti: i vigili non hanno niente da obiettare.

Tranquilli, però: ci pensa il mezzo stesso a rallentare. Essendo geolocalizzato, appena si entra in una zona pedonale il monopattino riduce la propria velocità a 5 chilometri all’ora. Il piccolo due ruote si autolimita, si dà delle regole da solo. Che, facendo un bilancio del viaggio, sembra essere la vera idea delle istituzioni alla base del permesso di circolare di questi mezzi.

Un ultimo discorso lo meritano infine i costi. Tra le varie motivazioni che Atm propone ad ogni aumento di biglietto c’è anche il paragone con il prezzo dei servizi di sharing, la cui diffusione è in continua crescita. E come dargli torto. Il nostro viaggio è durato un’ora e 22 minuti. Il conto alla fine è stato quasi 23 euro (1 dei quali per lo sblocco e 50 centesimi per la piccola pausa di riflessione a metà del periplo). 25 centesimi al minuto. Non c’è da stupirsi che i monopattinisti in affitto siano sempre di fretta. In agguato non ci sono solo i mille pericoli della strada, ma anche il conto in banca.

Luca Tavecchio

mail: luca.tavecchio@ilgiorno.net