
Jhoanna Nataly Quintanilla Valle è stata uccisa nella notte tra il 24 e il 25 gennaio
Milano, 8 marzo 2025 – “Pablo aveva una relazione parallela in El Salvador con una donna che si chiama M. Lui me l’ha detto il 9 gennaio, mi ha riferito che aveva una relazione con questa donna. Tale relazione aveva avuto origine da quando erano in El Salvador. Non so se si sentivano spesso. Non si vedevano da quando lui è arrivato in Italia, da circa cinque anni. Pablo me l’ha detto perché doveva arrivare questa donna in Italia. Doveva venire a febbraio, credo che lui avesse già preso i biglietti. Jhoanna sospettava di questa relazione, una volta lei mi disse che aveva dei sospetti in tal senso”.
L’interrogatorio
Primo pomeriggio del 28 febbraio: E., quarantaquattrenne salvadoregna, viene sentita in Procura come persona informata sui fatti nell’inchiesta sull’omicidio di Jhoanna Nataly Quintanilla Valle. È la nipote di Pablo Heriberto Gonzalez Rivas, il compagno della baby sitter accusato di averla assassinata la notte tra il 24 e il 25 gennaio e di averne gettato il cadavere nell’Adda. “Pablo – mette a verbale la donna davanti all’aggiunto Maria Letizia Mannella e al pm Alessia Menegazzo – mi diceva che doveva andare a vivere con questa donna, ma a lei (Jhoanna, ndr) non gliel’ha mai detto. Mi riferiva che lui sarebbe andato via di casa. Stava cercando un’altra casa, voleva andare via lui e io gli consigliavo di pensar bene a quello che voleva fare”.
La scomparsa
Poi, però, succede qualcosa: la quarantenne scompare nel nulla. “Il 26 (gennaio, ndr) Pablo mi chiamava e io gli dicevo che l’avevo chiamato perché dovevo vedermi con Jhoanna e lui mi rispondeva dicendo che era andata via. Ho pensato che era stata una semplice discussione e che lei si era allontanata. Dopo ho controllato sul cellulare, volendo verificare se c’era la doppia spunta su Whatsapp, ma non ho notato ciò. A quel punto, mi sono messa in contatto con le amiche di Jhoanna”. E. si reca a casa della coppia, nel monolocale di piazza dei Daini 4, per stare accanto allo zio: “Pablo mi diceva unicamente che era sparita e mi ha mostrato l’armadio di Jhoanna, mi ha fatto notare che mancavano suoi effetti personali. Quella notte, gli consigliai di cercare Jhoanna negli ospedali”. Il quarantottenne asseconda la nipote il primo febbraio, pur sapendo che la donna è morta da una settimana: “Quella sera che siamo andati a cercare per gli ospedali – ricorda – io rimanevo in macchina e lui andava a svolgere le ricerche presso le strutture ospedaliere”. Facile immaginare che l’uomo abbia solo finto di chiedere notizie della convivente.
Lo sviluppo
Nei giorni successivi, la nipote di Gonzalez contatta l’altra donna, M., che conosce sin dai tempi in cui viveva a El Salvador: “L’ho chiamata perché volevo sapere cosa era successo, perché non era ancora venuta. Lei mi diceva che Pablo l’aveva chiamata per informarla che il viaggio era stato annullato perché il biglietto l’aveva comprato lui e che si erano complicate le cose”. E ancora: “M. mi ha riferito, quando l’ho sentita, che Pablo non viveva con Jhoanna, facendole credere che fosse libero. Lei pensava di essere l’unica fidanzata di Pablo. Il 4 febbraio stava lasciando tutto per venire in Italia, per andare a convivere con Pablo”. Tre giorni dopo, Gonzalez viene fermato per omicidio dai militari del Nucleo investigativo, guidati dal colonnello Antonio Coppola e dal tenente colonnello Fabio Rufino. In seguito, E. verrà a sapere da una connazionale “che il 24 gennaio Pablo e Jhoanna avevano litigato”, perché quella sera l’uomo aveva detto alla compagna “che doveva venire un’altra donna e che lei doveva lasciare la casa”. Poi la discussione e l’aggressione letale: “L’ho picchiata e afferrata per il collo”, la confidenza a un connazionale.
In auto verso l’Adda
Dagli atti emerge pure che alle 17.43 del 25 gennaio l’uomo avrebbe citofonato a casa di un collega per chiedergli di poter utilizzare un box o una cantina, evidentemente per nascondere il cadavere. Dopo aver ricevuto un “no” come risposta, Gonzalez è tornato a casa in macchina, ha recuperato dal garage il borsone con il corpo di Jhoanna e l’ha trasportato fino alla zona di Cassano d’Adda, per poi buttarlo nel fiume.