GIULIA BONEZZI
Cronaca

Milano Pride 2024, la grande marcia arcobaleno. Slogan e sorrisi, balli e sfottò: “L’amore non si discrimina”

Il corteo invade Milano da piazza Repubblica all’Arco della Pace: “Siamo oltre 350mila” Sul carro del Pd la segretaria Elly Schlein. In manifestazione anche Elodie

Il serpentone colorato del Pride di Milano

Il serpentone colorato del Pride di Milano

Milano – Già ai tornelli della M2 in Stazione Centrale, alle tre di oggi pomeriggio, è abbastanza chiaro che l’allerta gialla temporali diramata su Milano affogherà nell’arcobaleno del Pride, indipendentemente da cosa farà il meteo. C’è la coda per uscire, risalire in piazza Duca d’Aosta, circumnavigare la Casa Azzurri allestita con eccessivo ottimismo per gli Europei inseguendo i bassi che martellano da via Vittor Pisani, i carri schierati ai lati pronti per il corteo che non partirà prima di un’ora. Insieme alle prime gocce di pioggia, calate da un cielo semiplumbeo su un’afa che nemmeno al Pride di Bangkok, da rendere il tulle, le maglie a rete e i brillantini sulla pelle un atto praticamente eroico. "Liber* di essere" (con la schwa) c’è scritto sullo striscione di testa, e dietro migliaia e migliaia di persone, "Oltre 350 mila", allungheranno agli organizzatori. Piazza Repubblica, viale della Liberazione, Melchiorre Gioia, circonvallazione intorno al Sempione fino all’Arco della Pace.

Ci sono le "cargo bike" alimentate a forza di quadricipiti con cui l’Arcigay ha sostituito il suo carro e i camioncioni dei partiti e dei centri sociali, delle associazioni e dei locali, gli sponsor e gli ambulanti, birra in lattina a tre euro e sangrìa a cinque. C’è il trenino delle Famiglie arcobaleno che chiedono "il riconoscimento alla nascita" dei loro figli e il carro dell’Agedo, genitori che vogliono che i figli "possano dare la mano al partner per strada liberi da sguardi di pregiudizio e senza essere aggrediti". C’è chi al megafono tuona "Il Pride non è frociaggine!" e a pochi metri un tizio travestito da cardinale con la bandiera del Vaticano modificata aggiungendo la parola pronunciata dal pontefice in un paio d’incontri a porte chiuse (compare anche su un altro cartello, lì hanno aggiunto "antifascista").

PRIDE 2024  MILANO, 29 GIUGNO 2024, ANSA/DAVIDE CANELLA
PRIDE 2024 MILANO, 29 GIUGNO 2024, ANSA/DAVIDE CANELLA

C’è Klaus Davi che sbandiera la stella di David sull’arcobaleno delle associazioni ebraiche Lgbtqia+ e ci sono diverse bandiere della Palestina (senza arcobaleno). C’è un consigliere comunale di Forza Italia, Alessandro De Chirico, che rivendica sui social d’essere "l’unico di centrodestra al Pride", e ci sono volti celebri della sua parte sbertucciati sui cartelloni, dall’ormai pop generale Vannacci alla stretta attualità delle capoccia di Gioventù nazionale le cui tendenze nazifasciste e razziste, in particolare antisemite, sono state smascherate da un’inchiesta sotto copertura di Fanpage che la premier Giorgia Meloni ha definito "metodo da regime".

C’è addirittura Attilio Fontana presidente della Regione Lombardia - che, come ogni anno, ha negato il patrocinio al Pride –, ma solo in forma di cartonato avvolto in arcobaleno che s’affaccia dal carro del Pd. Lui sui social sta al gioco, più o meno: "Il Pd non può proprio fare a meno di me. Oggi mi ha portato anche al Pride, che burloni. Forse un giorno anche loro non utilizzeranno queste manifestazioni per le solite e arcinoiose strumentalizzazioni politiche". Ma "l’importante è esserci", per dirla con una ragazza che non riesce ad avvicinare Elly Schlein accerchiata da giornalisti ed estimatori come al solito.

Il cartonato di Fontana
Il cartonato di Fontana

È sul carro del Pd in carne e ossa, la segretaria. E anche lei torna sulla questione della gioventù nera ("Gravissimo che la presidente del Consiglio, anziché rispondere, affrontare e prendere provvedimenti su un problema molto grande alla base della sua giovanile, abbia colto l’occasione per un attacco forte alla libertà di stampa e dei giornalisti"), ma il focus è la "giornata di orgoglio e di visibilità per le battaglie per i diritti, a partire da quella per una legge contro l’omotransfobia, davanti alle tante e troppe aggressioni e discriminazioni che queste persone vivono ogni giorno".

E anche, continua Schlein, "una legge per non lasciare soli i sindaci nel riconoscimento delle coppie omogenitoriali", e poi "vogliamo il matrimonio egualitario, perché l’amore non si discrimina e non lasceremo decidere alla destra chi abbiamo il diritto di amare. In questo anno e mezzo di governo Meloni - attacca la leader dem - l’Italia è scivolata alla 36esima posizione su 48 nella classifica sui diritti Lgbtqia+. Al G7 si è persa un’occasione per colpa del governo italiano, mancano le parole “identità di genere” e “orientamento sessuale” nella dichiarazione finale, un passo indietro clamoroso". Quanto all’apertura di Marina Berlusconi, la primogenita del fondatore di Forza Italia che s’è detta "più in sintonia con la sinistra di buon senso" sul fronte dei diritti, "io sono sono sempre felice quando c’è il riconoscimento dell’eguaglianza - osserva Schlein -. Dovrebbe essere una cosa molto più trasversale, in altri Paesi le destre sono arrivate al Governo e non hanno modificato avanzamenti importanti come il matrimonio egualitario. Non si capisce perché la destra italiana sia decisa a rimanere quella più indietro in Europa", aggiunge prima di salire sul carro del suo partito.

Schlein, serve una legge contro le discriminazioni
Schlein, serve una legge contro le discriminazioni

Dove la vedranno anche ballare, con la consigliera regionale Paola Bocci e l’eurodeputato Alessandro Zan, perché il Pride è sempre il Pride. E questo è il Pride di Milano, anche con la sua quota di celebrity, da Elodie che balla scatenata ripresa da decine di telefonini a Paola e Chiara che ricordano d’esserci state sempre loro, dal 23 giugno 2001, il "primo Pride di Milano, il primo nazionale. Eravamo molti meno di oggi" e "si chiamava ancora Gay Pride". Oggi nessuno s’azzarderebbe a definirlo così; persino Alice Redaelli, presidente di Cig Arcigay Milano, dal palco usa l’acronimo "Lgbtqia+" per raccontare le persone che quarant’anni fa, nel febbraio 1984, fondarono a Milano il Cig, acronomo di “Centro d’iniziativa gay”. "All’epoca avevo sei mesi – ragiona – e mi domando spesso come fosse per gli attivisti di allora, con i cartelli dipinti a mano e i megafoni a pile. In tempi difficili in cui il governo ci attacca e l’estrema destra torna ad incombere sull’Europa, il parallelismo tra prima e adesso è chiaro, ma lo sono anche le differenze. Vedo una Milano orgogliosa, partecipe, un Pride che è cresciuto con l’energia di chi crede sia giusto essere così. Una cosa ci unisce: il rispetto dei diritti umani, ovunque e senza eccezioni".

Il Pride "è un abbraccio collettivo che ci spinge a combattere ogni forma di odio con ancora più determinazione", chiosa il sindaco Beppe Sala, in videomessaggio perché è convalescente da un piccolo intervento, ma essere al Pride "ha senso. È la festa della comunità Lgbtqia+ e di ogni persona che crede nei diritti fondamentali, senza discriminazioni". Sono passate le 19, sul palco dell’Arco sta iniziando la festa, musica fino all’una. Due sciuri tutt’altro che palestrati, con barba, calzetti arcobaleno e ai polsi lunghi festoni colorati, s’avviano verso casa tenendosi per mano.