Milano, 20 gennaio 2025 – Oggi ha preso il via concretamente la rogatoria attivata dalla Procura di Milano per raccogliere a verbale la versione della giovane inglese che è rimasta vittima, così come altre donne, delle aggressioni sessuali nelle forme della "taharrush gamea" nella notte di Capodanno in piazza Duomo, a Milano. Nel pomeriggio, infatti, l'aggiunta Letizia Mannella e la pm Alessia Menegazzo, nelle indagini della Squadra mobile, hanno avuto una riunione in collegamento da remoto con investigatori ed inquirenti inglesi. Non c'è ancora una data fissata per l'audizione della 19enne. Così come non è stata ancora programmata una nuova visita degli investigatori italiani in Belgio per sentire di nuovo la studentessa belga, la prima a parlare coi media, e i suoi cinque amici. La Procura e la Squadra mobile, prima di ascoltare ancora i racconti delle vittime, stanno cercando, attraverso software specifici e pure con l'uso dell'intelligenza artificiale su ore ed ore di immagini delle telecamere di sorveglianza e altri video, di arrivare alle identificazioni degli autori delle violenze, lavorando sui volti e soprattutto sugli abiti indossati.
"Un muro umano”
Tre le denunce raccolte finora, coi racconti degli abusi messi in atto da un "muro umano" di trenta-quaranta persone, e cinque gli episodi su cui i pm stanno indagando, alcuni con più di una vittima. Scioccanti le parole della ragazza inglese, Imogen, che come aveva fatto nei primi giorni successivi a quella terribile notte, la belga Laura Barbier, ha rilasciato un’intervista al quotidiano britannico “Daily Mail” nella quale ha raccontato il dramma vissuto l’ultimo dell’anno a Milano: "Mi hanno afferrato le braccia e le mani, così non potevo difendermi. Mentre un gruppo mi ha circondato in quella che sembrava una aggressione organizzata, più uomini contemporaneamente hanno iniziato a molestarmi. Ho lottato per la vita, temevo di morire...”.
"Devono essere puniti”
Un lungo racconto quello della diciannovenne inglese, motivato dal desiderio di dissipare la disinformazione online e "assicurarmi che la nostra storia venga ascoltata". Falso, secondo la ragazza, che gli assalitori avessero bandiere palestinesi. "Sono veramente sconvolta dopo aver letto molti articoli secondo cui si è trattato di un fatto di religione, indirettamente dando la colpa all'Islam, mentre sostenevano che il nostro attacco fosse Taharrush Gamea. Il male che abbiamo vissuto quella notte era l'assenza assoluta di religione", questo "era un gruppo organizzato di uomini disgustosi che meritano di soffrire le conseguenze delle loro azioni".