
Minacce a negozianti
Milano, 27 novembre 2019 - «Sono venuti a intimidirmi più volte solo perché pretendo la legalità e il semplice rispetto delle regole. Una volta è entrato un uomo nel mio negozio ed è stato fermo un quarto d’ora a fissare me e il locale, senza aprire bocca. In tre anni ho presentato tre denunce per atti di vandalismo e intimidatori. La convivenza non è facile ma io non mi piegherò». A parlare è una commerciante, titolare di una bottega di quartiere a Milano. Chiede l’anonimato, perché ha paura. Il suo cruccio è avere accanto un bar «gestito da persone poco raccomandabili, dove succede di tutto».
Cosa succede? «Partiamo dalle slot machine, che sono sempre attive e attirano decine di persone. Attorno a queste macchinette girano prostituzione e delinquenza. Vedo persino badanti che ‘parcheggiano’ lì i loro anziani e intanto giocano, magari con i loro soldi. Durante i controlli delle forze dell’ordine sono stati identificati dei pregiudicati, segno che non sia un posto proprio ben frequentato. Porta sempre problemi come risse tra avventori, sosta selvaggia vicino all’ingresso e non solo».
Cos’ha fatto lei, per attirare le antipatie dei gestori? «Semplicemente, contatto le forze dell’ordine ogni volta che mi accorgo che qualcosa non va. Se scoppia una lite violenta, se le auto parcheggiate male sono tante, se - è capitato anche questo - i tavolini vengono messi impropriamente in certi luoghi. Hanno capito che sono io a chiamare e questo evidentemente li infastidisce».
Come si sono concretizzate le intimidazioni? «Mi hanno danneggiato la serratura del negozio. Poi abbiamo dovuto usare sette punte di trapano per potere entrare... I gestori e persone vicine a loro, italiani e stranieri, sono venuti più volte a dirmi di ‘farmi gli affari miei’. Vorrebbero fare i padroni, i prepotenti, vorrebbero che la gente perbene chiudesse gli occhi. Ma a Milano, e da nessun’altra parte, queste cose non devono succedere».
Ha ricevuto visite indesiderate in negozio? «Una in particolare, qualche anno fa, da un uomo che mi sembrava albanese. È rimasto un quarto d’ora: stava in piedi, guardava me e il locale. Alle mie richieste su cosa volesse non rispondeva, è stato sempre in silenzio. Io gli ho urlato che il giorno dopo, dietro al bancone non avrebbe trovato me ma il mio compagno e mio fratello. Forse pensava di intimidirmi perché sono donna. Non è più tornato».
Altri episodi gravi? «In più occasioni ho subito atti di vandalismo. Non più di venti giorni fa ho trovato la serranda imbrattata».
Ha mai ricevuto richieste esplicite di denaro? «Finora, per fortuna mai. Questo non è racket estorsivo ma è un tentativo di controllare il territorio con fare para-mafioso, da bulli».
Pensa che queste persone siano legate alla criminalità organizzata? «Non lo posso sapere, indaghino le autorità».
Ogni giorno lavorate vicini, ha paura? «No. Ho presentato tre denunce alla polizia in tre anni. Sanno che non mi piegherò al loro volere. Non deve esistere l’omertà, tutte le persone perbene non chiudano gli occhi: queste cose vanno sempre denunciate».