NICOLA PALMA
Cronaca

Minorenne stuprata dal branco, l’ex centro sportivo di via Cilea abbandonato da tre anni: "Spogliatoi come dormitori"

La brutale aggressione di gruppo un anno fa nella struttura dismessa in zona San Leonardo. Nelle stanze ci sono materassi, trolley e avanzi di cibo. La vittima: in sette contro di me.

Milano, 1 settembre 2023 – Una dozzina di ragazzini rincorre un pallone su ciò che resta di un campetto in erba sintetica. Attorno erbacce alte un metro e mezzo, rifiuti di ogni genere e muretti semidistrutti. Hanno più o meno la stessa età di Angela (nome di fantasia), la quindicenne che un anno fa è stata picchiata e violentata da un branco di sette ventenni nella stanza con i muri rossi che una volta ospitava le docce del centro sportivo San Leonardo, all’angolo tra via Cilea e via Fichera. Su una parete campeggia la scritta "We love football", uno dei particolari che la vittima ha riconosciuto senza esitazione quando gli investigatori della Squadra mobile le hanno mostrato foto e video girati durante un sopralluogo.

L’ex centro sportivo di via Cilea abbandonato da tre anni:  "Spogliatoi come dormitori"
L’ex centro sportivo di via Cilea abbandonato da tre anni: "Spogliatoi come dormitori"

Sul pavimento due file di materassi, infradito, ciabatte e in generale tracce di ospiti che vivono abitualmente in un’area che i residenti descrivono come abbandonata da almeno tre anni: lame di rasoio arrugginite, forchette, trolley, cavi di caricabatterie, ciotole per cani, camicie sporche, coperte, armadi cannibalizzati, avanzi di cibo, pezzi di spugna lacerati. Nei sotterranei, un lungo corridoio fa da anticamera a una fila di stanze piene di materiale edile, calcinacci, pezzi di ferro. Qui, in uno dei tanti buchi neri della metropoli, Angela è stata circondata, presa a bastonate, denudata e stuprata. L’agguato è avvenuto dodici mesi fa, in un giorno di settembre che la vittima non ha saputo precisare con esattezza. Alcune settimane dopo, l’adolescente, una vita segnata da gravi fragilità e periodi trascorsi in comunità, trova la forza di raccontare quello che è accaduto all’assistente sociale che la segue da tempo, che a sua volta stila una relazione sull’accaduto e la invia in Procura.

Parte in quel momento, a dicembre, l’inchiesta degli investigatori della Squadra mobile, guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Stefano Veronese, che lunedì scorso vive una prima determinante svolta: nel corso di un controllo casuale, gli agenti della Questura di Rimini in pattuglia sul lungomare fermano il ventunenne Ashraf Mohamed, scoprendo dalle verifiche in banca dati che è destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare per violenza sessuale di gruppo emessa dal gip Patrizia Nobile su richiesta dell’aggiunto Letizia Mannella e del pm Elisa Calanducci. Il giovane nordafricano, che avrebbe detto di essere in vacanza nella Riviera romagnola con un amico, viene arrestato e portato in carcere.

L’altro ricercato, M.A., connazionale di un anno più grande, è stato nel frattempo espulso e accompagnato alla frontiera su disposizione del questore Giuseppe Petronzi: nel caso dovesse rientrare in Italia, verrebbe subito ammanettato. Stesso destino per il terzo maggiorenne del gruppo, pure lui espulso.

Con loro, stando alle indagini, c’erano pure due minorenni, indagati a piede libero, e altri due non ancora identificati. La quindicenne ha riferito, con dichiarazioni ritenute dal giudice "genuine, non contraddittorie e molto dettagliate", di aver incontrato quei ragazzi a Riccione e di averli seguiti a Milano, trovando ricovero per la notte nell’ex centro sportivo San Leonardo. Il giorno della violenza, li ha rivisti in corso Como ed è rimasta con uno di loro, trascorrendo la notte sempre in via Cilea. Al risveglio, ha sentito i sette che confabulavano in arabo in un’altra stanza, come se volessero impedirle di capire cosa stessero dicendo. Poi li ha visti entrare: alle prime avance esplicite, lei ha opposto un netto rifiuto, ma loro non si sono fermati, colpendola a bastonate e poi con schiaffi e pugni.

"Mi tenevano ferma perché io stavo facendo di tutto per liberarmi... facevo tanta resistenza, però comunque erano in sette...", metterà a verbale durante le audizioni protette in via Fatebenefratelli. Angela riconosce i volti di chi ha abusato di lei, indicandoli tra i volti inseriti in alcuni album fotografici, e il luogo in cui è stata aggredita: la scritta sul muro, il tavolino sopra il quale è stata costretta a sdraiarsi, la porta nera degli spogliatoi chiusa con un lucchetto in possesso di K., il "capo". Nel provvedimento, il gip ha parlato di "istinti irrefrenabili", di "assoluto spregio della mancanza di consenso della persona offesa", di "logiche di sopraffazione proprie del branco".