
SAN DONATO MILANESE
La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha rifiutato la richiesta di Antonella Penati di riesaminare il suo ricorso contro l’Italia per le responsabilità che secondo lei lo Stato ha avuto nell’omicidio del figlio da parte del padre durante un incontro protetto in una struttura dei servizi sociali di San Donato Milanese. Diventa cosi definitiva la sentenza d’assoluzione dell’Italia emessa lo scorso 11 maggio da una delle camere della Corte di Strasburgo. In quella sentenza i giudici della Cedu stabilirono che la procedura penale condotta dallo Stato per determinare se gli operatori sociali avessero una responsabilità nella morte del piccolo era stata efficace, e che quindi non c’era stata alcuna violazione dei diritti di Antonella Penati.
Antonella Penati è la mamma di Federico Barakat, il bimbo di 8 anni ucciso dal padre il 25 febbraio 2009 con 37 coltellate durante un incontro protetto, mentre era affidato allo Stato, all’interno di una struttura del Comune. L’avvocato Federico Sinicato legale della Penati spiega "il primo presupposto è che lo Stato italiano abbia un sistema perfetto, mentre la vicenda di Federico è la dimostrazione che perfetto non è". "Con la sentenza Cedu si sono permessi di togliermi il mio status di vittima. Ai giudici - dice la mamma - chiedo di spiegare ai loro figli, quando li guarderanno in viso, come abbiano potuto fare questo ed arrivare ad una sentenza cosi".