di Andrea Gianni
"Ogni donna reagisce alla violenza come si sente, non esiste un comportamento standardizzato: c’è la donna che rimane paralizzata e quella che urla, quella che denuncia dopo un’ora e quella che denuncia dopo un anno...". Il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, intervenuto durante un convegno organizzato dalla Spi Cgil Lombardia e dal Coordinamento donne del sindacato, ha fatto riferimento anche a una sentenza che ha fatto discutere. Una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano, che ha confermato l’assoluzione di un sindacalista dall’accusa di abusi su una donna, all’epoca assistente di volo a Malpensa, anche a causa dei tempi di reazione: nessuna violenza sessuale, hanno motivato i giudici, perché la condotta si è protratta "per una finestra temporale", ossia "20-30 secondi" che avrebbe consentito alla ragazza "anche di potersi dileguare". Una sentenza, che il sostituto pg Angelo Renna ha impugnato con un ricorso in Cassazione, seguita da polemiche per un "passo indietro di 30 anni", per citare le parole dell’avvocato Maria Teresa Manente, legale della donna, che nel frattempo si è trasferita in un’altra regione e lavora come insegnante.
"Quel collegio – ha spiegato Roia – forse non conosce le caratteristiche della donna vittima di violenza sessuale, perché altrimenti saprebbe che non esiste un comportamento standardizzato" così come non esistono tempi e modalità di reazione uguali per tutte. Anche da parte dei giudici, quindi, "ci vuole voglia di studiare andando oltre la disciplina giuridica". E poi "dice una sciocchezza chi afferma che una donna che denuncia dopo 40 giorni non è credibile", ha proseguito Roia riferendosi ad alcune dichiarazioni su casi di cronaca. I dati del Tribunale fotografano un aumento delle denunce, e una risposta giudiziaria: quest’anno sono già stati inflitti 798 anni di carcere per reati come maltrattamenti, atti persecutori e violenze sessuali, con una crescita del 12% rispetto all’anno scorso. Nell’ultimo anno sono aumentate del 64% le misure cautelari emesse dal gip per i reati orientati dal genere, passando dalle 758 del 2023 alle 1.246 nel 2024. La preoccupazione è legata anche all’abbassamento della fascia di età in cui si commettono reati, perché "il 60% riguarda una fascia tra 18 e 41 anni". L’attività di prevenzione nelle scuole, secondo Roia, "è troppo confusa e poco organica", ma la rete sul territorio a supporto delle donne esiste e funziona. "La prima cosa da fare – ha spiegato Roia – è rivolgersi a un centro antiviolenza, prima ancora di sporgere denuncia. E il settore giudiziario, quando è sollecitato, deve saper intervenire bene".
Un tema al cento dell’incontro organizzato dal sindacato: sul tavolo i dati nazionali dell’ultima indagine Udu sulle molestie nelle università, che le donne subiscono da docenti o compagni di corso. Ricerca, su un campione di circa 1500 studenti in atenei di tutta Italia, che ha evidenziato come gran parte dei giovani ritiene che le università non siano abbastanza attrezzate per ricevere e gestire segnalazioni di violenza o molestie. Poi c’è la giungla dei luoghi di lavoro. "Quando entrano nel mondo di lavoro le donne subiscono molestie da parte dei superiori – ha sottolineato Erica Ardenti, responsabile del Coordinamento donne dello Spi Lombardia – in un contesto generale di squilibrio ancora molto forte".
Squilibri che passano anche dagli stipendi e dalle possibilità di crescita professionale. "Le violenze agite tra i nuovi adolescenti cominciano in modo subdolo: non vestirti in questo modo, non uscire con la tua amica, dimmi dove sei quando non ci sono", ha spiegato Silvia Terrana, del Nucleo tutela donne e minori della polizia locale di Milano. "Sono atteggiamenti prevalentemente maschili – ha proseguito – ecco perché dobbiamo educare principalmente i maschi". "L’Italia è ancora troppo patriarcale e sessista – ha concluso Erica Ardenti – e se non ci chiamiamo in prima persona ad essere attori di questa trasformazione questa trasformazione non avverrà mai".