ANDREA GIANNI
Cronaca

È morta Licia Rognini, vedova dell’anarchico Pinelli: la diciottesima vittima della strage di Piazza Fontana

Aveva 96 anni la moglie dell’anarchico accusato ingiustamente per l’attentato e precipitato, in circostanze mai chiarite, dalla Questura di Milano nel 1969. La figlia Silvia: “Una donna che ha vissuto con dignità e coraggio”

Licia Rognini Pinelli e, a destra, suo marito Giuseppe Pinelli

Licia Rognini Pinelli e, a destra, suo marito Giuseppe Pinelli

Milano, 11 novembre 2024 – Si è spenta all’età di 96 anni Licia Rognini, vedova del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, fermato ingiustamente per la strage di Piazza Fontana e morto dopo essere precipitato da una finestra della Questura di Milano nel 1969.

Rognini era nata nel 1928 a Senigallia ma si era trasferita quando aveva due anni a Milano dove ha sempre vissuto. È morta nella sua abitazione di Milano, questa mattina, verso le 11, seguendo le sue volontà, perché aveva sempre desiderato spegnersi in casa sua.

I familiari stanno organizzando una cerimonia laica, probabilmente nella casa funeraria San Siro, in via Corelli. L’intenzione è poi quella di tumulare il feretro nel cimitero di Turigliano di Carrara, dove è sepolto il marito Pino Pinelli e dove c’è una monumento funebre che gli anarchici hanno dedicato all’uomo. 

La donna, con le figlie Silvia e Claudia, si è battuta per tutta la vita per far emergere la verità sulla morte del marito, la “diciottesima vittima della strage di Piazza Fontana”. “È stata una donna che ha vissuto con dignità e coraggio ed è morta con la stessa dignità”, ha detto Silvia.

La notizia della sua scomparsa è stata seguita da numerosi messaggi di condoglianze alla famiglia sui social. “Cara Licia quanto ti abbiamo voluto bene – è il messaggio dell’Anpi Barona –. Il nostro abbraccio più forte a Silvia e Claudia Pinelli, a tutti i tuoi cari”.

E il sindaco di Milano, Beppe Sala: “Conoscevo Licia Pinelli. La sua morte mi addolora. Di lei ho sempre ammirato la caparbietà con cui ha difeso e onorato la memoria di suo marito Pino, ingiustamente accusato per la strage di piazza Fontana. Mancherà alla comunità milanese”. 

M anche il capogruppo del Pd in consiglio regionale della Lombardia Pierfrancesco Majorino: “Il nostro più sentito cordoglio per la morte di Licia Rognini Pinelli, una donna coraggiosa e tenace, che, con una dignità esemplare, ha speso la sua vita per la difesa della verità. Milano le deve molto. Alle figlie Silvia e Claudia la nostra più affettuosa vicinanza”.

Il caso Pinelli

La morte di Giuseppe Pinelli, partigiano italiano del circolo anarchico Ponte della Ghisolfa, è uno dei grandi misteri italiani. L’uomo fu una delle circa 150 persone fermate a seguito dell’attentato di Piazza Fontana, che il 12 dicembre1969 provocò 17 morti e 88 feriti e diede inizio a quella stagione di terrorismo e lotta armata che porterà il nome di Anni di Piombo.

Il ferroviere, a causa dei suoi legami col mondo anarchico, venne trattenuto in questura e sottoposto a un durissimo interrogatorio, che si protrasse oltre le 48 ore di fermo previste senza l’autorizzazione di un magistrato. Durante il terzo giorno, Pinelli precipitò dal quarto piano dell’edificio e morì in circostanze mai chiarite. L’allora questore Marcello Guida dichiarò, in conferenza stampa, che si era suicidato: versione che avrebbe in parte confermato un’implicazione di Pinelli nella strage. Ma i suoi compagni affermarono, e continuarono a farlo negli anni a venire, che venne gettato giù dalla finestra dagli agenti di polizia.

Un’inchiesta sulla morte, svolta anche su pressione della vedova Pinelli, si concluse nell’ottobre 1975 e attribuì la morte del ferroviere a un malore. Per i giudici, lo stress degli interrogatori, le troppe sigarette a stomaco vuoto, assieme al freddo che proveniva dalla finestra aperta avrebbero causato un malore e Pinelli, invece di accasciarsi come nel caso di un collasso, avrebbe subito “un’alterazione del centro di equilibrio”, che causò la caduta. Nessuna imputazione venne formulata, né per omicidio colposo né per abuso d'ufficio (nonostante fosse stato trattenuto anche dopo la scadenza del fermo) né per falso ideologico (per aver dichiarato che si era suicidato).