
Una giovane Pinin Brambilla Barcilon alle prese con il restauro del Cenacolo
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Milano, 14 dicembre 2020 - E' stata la Signora dell’Utima Cena. «Leonardo per me? Dopo così tanti anni, è uno di famiglia. Ormai ci diamo del tu»: così, con la naturalezza che caratterizza le vere dame della cultura, Pinin Brambilla Barcilon qualche anno fa, nel silenzio del suo grande studio milanese di una via Savona non ancora esplosa a zona trendy, ci raccontava il suo rapporto, lungo, intimo, con l’autore del Cenacolo.
Pinin Brambilla se n’è andata sabato scorso, all’età di 95 anni: l’annuncio della scomparsa è stato dato solo ieri pomeriggio dal Centro per la Conservazione e il Restauro “La Venaria Reale”, il polo di eccellenza che Brambilla Barcilon aveva fondato nel 2005 e diretto da allora. Pinin Brambilla se n’è andata. Ma il suo lavoro resta, e resterà a lungo. Resterà nella fragile magnificenza del capolavoro leonardesco. Quella parete che la grande restauratrice si trovò ad affrontare nel 1977, quando le fu proposto “semplicemente” di girarsi, lasciando il lavoro che la impegnava sulla “Crocifissione” di Giovanni Donato da Montorfano, nel Refettorio di Santa Maria delle Grazie. Si girò e la prima attenta ricognizione del celeberrimo dipinto le propose subito «un impatto visivo completamente negativo, un ammasso di grumi, una materia pittorica pasticciata». Un’impresa davvero gigantesca procedere a quel restauro, che Pinin, giovane ma già ricca di esperienze, decise di affrontare. Aprendo un cantiere che l’avrebbe impegnata per una ventina d’anni.
Un impegno quotidiano che Pinin Brambilla raccontò nell’autobiografico “La mia vita con Leonardo”, l’agile ma ricco volume che pubblicò con Electa. Ma che le piaceva anche ricordare a voce con una sorta di divertita sofferenza. Lavorava “en plein air”, per restare in ambito strettamente pittorico: «Sì, e, con il Refettorio aperto al pubblico, l’esperienza fu drammatica. Le scolaresche che correvano e facevano chiasso. I visitatori che, senza riguardi, mi dicevano: ‘Si sposti un po’, che non vedo’. Sembrava che io volessi essere la padrona esclusiva dell’Ultima Cena... Arrivò anche Enzo Tortora con una sua troupe». Soprattutto arrivarono, immancabili, gli attacchi. Ottenuti gli indispensabili sostegni economici, in primo luogo dall’Olivetti, Pinin Brambilla dovette difendersi dalle critiche dei burocrati «sempre uguali, in qualunque settore d’attività». Dei politici, degli accademici. Dei giornalisti: «C’è sempre qualcuno che vuole piazzare uno scoop. Ma basta non raccogliere».
Appoggiata per fortuna da Renzo Zorzi «uomo eccezionale, che assunse la regia dell’intera operazione» e da Carlo Bertelli «soprintendente intelligente e sensibile, che spesso mi faceva da barriera difensiva». E che la definì «esposta alle frecce come un San Sebastiano». “Lombardaccia” di Monza, Pinin Brambilla non ha certo restaurato solo il Cenacolo. Il suo “cursus honorum” comprende dalle pitture di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova agli affreschi di Masolino da Panicale nel Battistero di Castiglione Olona, da interventi a Oleggio a lavori a Palazzo Borromeo a Milano. E poi collaborazioni con il Louvre di Parigi e il Museo d’Arte Catalana di Barcellona. E persino restauri, difficili, su modernissimi come Man Ray e Lucio Fontana. Magari amici, ma non così di famiglia come Leonardo.