La Procura generale della Cassazione ha chiesto di rigettare, perché “inammissibile e infondato”, il ricorso della Procura generale di Milano sul caso della stilista di 37 anni Carlotta Benusiglio, trovata impiccata con una sciarpa ad un albero nei giardini di piazza Napoli, a Milano, la notte del 31 maggio del 2016.
L'11 ottobre scorso, la Corte d'Assise d'appello milanese aveva spazzato via sia la tesi della Procura sull'omicidio che il verdetto del gup di primo grado sulla «morte come conseguenza di altro reato» (la condanna fu a 6 anni), assolvendo l'ex fidanzato Marco Venturi «perché il fatto non sussiste» da tutte le imputazioni.
La Procura generale milanese nel ricorso in Cassazione, a quasi otto anni dai fatti, ha sostenuto di nuovo l'ipotesi della morte come conseguenza di stalking e non più quella di omicidio. Ricorso che il pg della Cassazione in udienza oggi ha chiesto ai giudici di respingere con la conferma, dunque, di fatto dell'assoluzione per Venturi, difeso dal legale Andrea Belotti.
Il nodo risarcimenti
In aula ha parlato anche l'avvocato Niccolò Vecchioni, legale dei familiari della stilista, parti civili che puntano, in sostanza, in questo procedimento a risarcimenti in sede civile per i reati di omicidio o morte come conseguenza di stalking. E il pg, in particolare, ha chiesto di accogliere uno dei motivi del ricorso delle parti civili, ossia il mancato riconoscimento nel secondo grado dei risarcimenti per un'imputazione di lesioni dichiarata prescritta. La sentenza della Cassazione potrebbe arrivare in giornata.
I gradi precedenti
In primo grado il gup Raffaella Mascarino aveva deciso che non si era trattato di omicidio, ma di un suicidio o di un atto dimostrativo finito in tragedia, causato dall'ex compagno, che avrebbe sottoposto Benusiglio per due anni a vessazioni fisiche e psicologiche. Da qui la condanna a 6 anni per morte come conseguenza di condotte persecutorie. Condanna, poi, cancellata in secondo grado per il 47enne dai giudici (presidente Ivana Caputo, relatrice Franca Anelli). Per la Corte Benusiglio si uccise, dopo l'ennesimo litigio col fidanzato, e lo stalking a lui contestato, che per la sentenza di primo grado ne avrebbe causato la morte, fu inesistente.
Su questo caso, poi, scrissero i giudici, non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di un processo, ma bastavano gli esiti dell'incidente probatorio, ossia della perizia che stabilì che si era trattato di suicidio. La Procura generale, sulla base del ricorso della Procura, aveva insistito in appello per la richiesta di 30 anni per omicidio. Per l'accusa, così come i familiari, tra cui sorella e madre della stilista, sarebbe stata strangolata dal 47enne, il quale avrebbe inscenato il suicidio. Dopo l'assoluzione in secondo grado, la sostituta pg Maria Vittoria Mazza aveva fatto ricorso in Cassazione, sostenendo non più l'ipotesi dell'omicidio ma quella della morte come conseguenza di stalking, tra l'altro ipotesi di reato che sarebbe già prescritta da mesi.