
Carolina Picchio, la studentessa 14enne che il 5 gennaio 2013 si suicidò perché esasperata dalle offese sui social
MILANO – Migliaia di reazioni. Solidarietà, pensieri ai genitori che hanno perso un figlio. E “per chi gode per la morte di questo ragazzo ricordatevi che il karma esiste. Riposa in pace”. Già. Sta succedendo anche questo: su TikTok, in mezzo a una marea di commenti e video pieni di cuori e lacrime c’è chi sputa ancora odio contro Davide “Alexandra“ Garufi, il Tiktoker ventunenne che si è tolto la vita mercoledì, sulla cui morte la procura di Monza ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio e omessa custodia di arma, che era in dotazione al padre, guardia giurata per un istituto di vigilanza privata.
L’istigazione al suicidio non sarebbe al momento collegata a messaggi social ricevuti dal giovane, ma è comunque un fatto che gli insulti e le critiche non mancassero mai, sotto i suoi video: “Ma che problemi ha?”, “Che persona imbarazzante e inutile al mondo”, tanto per citare due frasi risalenti al 2023.
Su TikTok, nelle vesti di Alexandra, raccontava il suo percorso di transizione di genere, prima di tornare a identificarsi come Davide, non binario, secondo quanto appreso dal Giorno. Ora che questo ragazzo non c’è più, si moltiplicano le pagine a lui dedicate sul canale social che era diventato il suo teatro per mostrarsi al mondo (e forse anche per trovare supporto)
La sua morte innesca riflessioni: “Portate rispetto anche quando una persona non vi piace”, scrive “una mamma e una nonna“. “Siamo in un’epoca malata, ci sono persone cattive che fanno del male al prossimo”, altro messaggio. Ma c’è anche chi butta veleno, non fermandosi neppure di fronte alla tragedia. Gela il sangue, leggere “Se una persona mi sta sul c... da viva, mi sta pure se morta”. Ancora: “Muoiono persone tutti i giorni e nessuno fa nulla. Muore un tiktoker tutti a piangere”. C’è chi si spinge addirittura a scrivere “Quanto godo”. “Fatevi 2 domande – altro commento – se ha ricevuto tutti quegli insulti”.
Ma ora “la domanda che dobbiamo farci è: che cosa ci spinge ad esporci in questo modo sui social? A dare la possibilità a chiunque di poterci conoscere commentare, giudicare? Forse è proprio qui la risposta: abbiamo bisogno davvero di questo, del giudizio degli altri”, scrive Ivano Zoppi, segretario generale di Fondazione Carolina dedicata a Carolina Picchio, la prima vittima riconosciuta di cyberbullismo in Europa, che si tolse la vita il 5 gennaio del 2013, a 14 anni.
“Questo ragazzo ha avuto solo la colpa di esporsi”. Quindi “insegniamo ai nostri ragazzi l’importanza di proteggersi, di gestire la propria fragilità come una gemma preziosa, che non possiamo affidare al primo follower di turno. E tutti coloro che quella gemma la infangano, la svalutano e la graffiano? Fino a che punto la mia libertà di “espressione” si può spingere? Da quale pulpito ci arroghiamo il diritto di rapportarci agli altri come fossimo i giudici di un talent televisivo? Basterebbe fermarsi un attimo, staccare il dito dalla tastiera e spostare lo sguardo: dallo schermo allo specchio. E se capitasse a te?”.