Si è congedato in modo gentile, come gentile è stato per tutta la sua vita, Dario Zigiotto, 69 anni co-fondatore e anima del festival di Villa Arconati. Aveva portato a Milano, anzi nella cornice della dimora di Castellazzo di Bollate, grandi nomi del rock, della world music e della cultura internazionale, da Khaled a Gilberto Gil, da Michael Bublé a Rudolf Nureyev. Come ufficio stampa e management, aveva seguito Enzo Jannacci, Fabrizio De André, Ivano Fossati, Laura Pausini, Ornella Vanoni. Ha combattuto e convissuto per anni con la malattia, tra momenti in cui sembrava aver vinto lui e recidive. Ironico, onesto, illuminato e colto, si è spento all’ospedale Sacco di Milano dove era ricoverato da qualche giorno per accertamenti.
Laureato in giornalismo all’Università di Urbino, dopo qualche anno di lavoro in fabbrica aveva deciso di seguire le sue grandi passioni: comunicazione, musica e cultura. All’insegna della “contaminazione”. Era stato bibliotecario e operatore culturale a Bollate, dove viveva. È qui che insieme a Giancarlo Cattaneo aveva fondato il festival di Villa Arconati. Era il lontano 1989 e portare la musica di qualità “in provincia” sembrava qualcosa di folle. Il festival estivo è arrivato alla 35esima edizione, oggi è uno dei più longevi e interessanti del panorama milanese.
«Lui è stato un operatore culturale a tutto tondo, in cui l’amore per la parola si fondeva a quello per la musica, pur operando in un Comune dell’hinterland il suo sguardo era ampio, profondo e capace d’incontro con ciò che di vivace, nuovo si muoveva nel mondo artistico», ricorda Cattaneo.
Tra il 1995 e il 1997 era stato assistente al management per Cose di Musica. Nel 2005 aveva fondato con Monica Passoni l’agenzia di comunicazione Ccm, Comunicazione per le Culture e le Musiche, specializzata nelle iniziative culturali, con cui lanciava artisti emergenti e partecipazioni a programmi televisivi. «Aveva la leggerezza giusta per affrontare anche gli artisti e manager più difficili - ricorda Passoni - ho lavorato con lui 35 anni e non abbiamo mai avuto una discussione perché sapeva come affrontare situazioni e interlocutori». Il mondo della musica milanese, ma non solo, ha perso un “pasionario” dallo spirito sempre allegro, l’impeccabile caschetto grigio e la punta del naso sempre rossa Roberta Rampini