Enrico Camanzi
Cronaca

Morto Giussy Farina, ex presidente del Milan e del Vicenza

Aveva 91 anni. Con lui i rossoneri retrocedettero in B e, successivamente, tornarono a disputare le coppe europee. Nel 1986 cedette il club a Silvio Berlusconi

Una foto della Curva Sud negli anni '80; nel riquadro, Giuseppe "Giussy" Farina

Una foto della Curva Sud negli anni '80; nel riquadro, Giuseppe "Giussy" Farina

Milano, 22 aprile 2025 – Il calcio italiano piange Giuseppe “Giussy” Farina, ex presidente del Vicenza e del Milan. Aveva 91 anni. È stato il protagonista di un mondo irrimediabilmente perduto per lo sport tricolore, quello dei proprietari appassionati e un po’ spericolati sul fronte delle spese, identificandosi con le società di cui erano volto pubblico (e bersaglio preferito dei tifosi, nei momenti di contestazione).

Farina è ancora il detentore di un piccolo record: è stato l’uomo d’affari italiano che ha retto il timone del maggior numero di squadre calcistiche. Ai “suoi” Lanerossi Vicenza e Milan, infatti, va aggiunto un breve periodo alla guida del Padova, alla fine degli anni ‘70, oltre a una serie di club minori, per la ragguardevole cifra di 12 società possedute complessivamente nell’arco di quindici anni circa.

Il personaggio

Di origine contadine, si laurea in Giurisprudenza all’università di Padova, traguardo in seguito al quale si lancia nell’attività imprenditoriale. È in quel periodo che nasce la sua passione per il calcio. Entra nel Vicenza con una piccola quota e ne diventa il presidente.

Sotto la sua guida i biancorossi vivono il loro momento migliore. Nel 1978, da neopromossa, il Vicenza centra il secondo posto, arrendendosi solo alla Juventus. È, ancora oggi, il miglior risultato ottenuto da una squadra appena salita dalla cadetteria in massima divisione. In quel campionato si afferma definitivamente la stella di Paolo Rossi, giocatore per il quale Farina ha sempre provato una stima enorme, arrivando ad affermare di non essersi mai innamorato di nessuno nella sua vita, Rossi a parte.

Farina saprà dire di no alla Juventus, che per portare a Torino il capocannoniere del campionato è disposta a fare follie. Niente da fare. I bianconeri perderanno il cartellino di Pablito alle buste, per una cifra intorno ai due miliari e mezzo di lire.

A Milano

Giussy Farina e Gianni Rivera, ai tempi in cui il Golden Boy, dopo il ritiro, era entrato nella dirigenza rossonera
Giussy Farina e Gianni Rivera, ai tempi in cui il Golden Boy, dopo il ritiro, era entrato nella dirigenza rossonera

Sulla sponda rossonera del Naviglio Farina arriverà nel 1982, anno della disgraziata retrocessione in B sul campo. È un Milan dimesso, che Giussy – così come era soprannominato – riuscì comunque a mettere, almeno in parte, in carreggiata. Sulla panchina rossonera Farina riporta Nils Liedholm, il Barone reduce dallo scudetto con la Roma, che nel 1979 aveva regalato ai rossoneri la sospirata stella.

Dalla Juventus riesce ad acquistare Paolo Rossi, portandolo con sé anche nella sua avventura milanese. Pablito, però, non è più il rapinatore d’area che fece grande l’Italia mundial nel 1982. La sua avventura con il Diavolo è un fallimento, a parte una doppietta in un derby finito, però, con un pareggio. Fra gli altri giocatori portati a Milano c’è la coppia inglese Wilkins-Hateley, grazie ai quali il Milan tornerà a vincere una stracittadina dopo tempo immemore, e l’altro britannico Luther Blisset, ribattezzato il “Calloni nero” per la sua scarsa vena sotto porta.

La stagione di Farina finisce nella polvere, con l’eliminazione in Coppa Uefa per opera dei belgi del Waregem e la contestazione degli ultras, che arrivano fino alla tribuna d’onore per protestare contro il presidente che qualche anno prima avevano ospitato sui gradoni della Curva Sud. Farina cede un Milan a rischio liquidazione al Cavaliere Silvio Berlusconi. Inizierà tutta un’altra storia.