Milano – Non si era mai arrivati così vicini a un obiettivo a suo modo storico. Il percorso accidentato che sin dai tempi della Giunta Pisapia mira alla realizzazione di una moschea in città sembra giunto a un punto di svolta: lo scorso 10 luglio, il Comune ha ceduto il diritto di superficie degli ex Bagni pubblici di via Esterle all’associazione Casa della Cultura musulmana, che dieci mesi fa si è aggiudicata in via definitiva la concessione trentennale dell’immobile in zona via Padova per realizzarci un luogo di culto islamico. Contattato dal Giorno, Asfa Mahmoud, presidente del Consiglio direttivo dell’associazione, si è limitato a confermare la stipula dell’atto, senza aggiungere ulteriori dettagli.
A rendere noto il passaggio tutt’altro che formale, l’ultimo prima dei cantieri, sono stati i responsabili di "Ci Siamo-Rete Solidale", che, dal loro punto di vista, si sono concentrati su un altro aspetto della vicenda: quello legato al destino di coloro che vivono abusivamente da sei anni in quegli spazi abbandonati, una quarantina di persone "provenienti perlopiù dall’Africa centrale", "lavoratori stranieri sottopagati con contratti di lavoro di breve durata". Nella stessa nota, gli esponenti del movimento hanno annunciato la decisione di lanciare dalle 17 di ieri un presidio permanente davanti all’ingresso dello stabile, rivendicando il "percorso di lotta" che punta a trovare soluzioni abitative alternative per chi a breve dovrà lasciare via Esterle per consentire alla Casa della Cultura musulmana di avviare i lavori di ristrutturazione.
Un intervento che, nelle intenzioni dei promotori, trasformerà quei 650 metri quadrati in una moschea in grado di ospitare 3.500 fedeli, la prima riconosciuta da Palazzo Marino. Sempre stando a quanto riferito, il 14 agosto si è tenuta una videoconferenza alla quale hanno partecipato gli assessori comunali Marco Granelli, Lamberto Bertolè e Pierfrancesco Maran, una delegata della vicesindaco Anna Scavuzzo e dirigenti delle direzioni Sicurezza, Welfare e Casa.
"Ci è stato detto – la sintesi – che le uniche soluzioni trovate erano dei posti letto in alcuni pensionati e ostelli/alberghi individuati dal Comune, di cui però erano certi solo 4-6 posti presso il pensionato Belloni a 450 euro a persona, e la possibilità di rivolgersi al centro di via Sammartini per le persone senza fissa dimora". Tuttavia, si legge ancora nel comunicato, "da una ricognizione che abbiamo fatto in queste ultime ore, i pensionati proposti dal Comune sono tutti al completo, mentre i costi degli ostelli sono di circa 24-30 euro al giorno e in molti casi prevedono una permanenza di solo una settimana". I tempi sono strettissimi, almeno a giudicare da quanto scrivono i militanti di "Ci Siamo-Rete Solidale": l’amministrazione si sarebbe impegnata con la Casa della Cultura musulmana a consegnare lo stabile libero entro un mese dalla cessione del diritto di superficie, con una proroga fino a fine agosto accordata informalmente soltanto per cercare di trovare una sistemazione per gli occupanti.
Il countdown sta per esaurirsi. Da qui la decisione di far partire la mobilitazione "in vista dell’imminente sgombero". Pur con una precisazione: "Si è sempre detto che nessuno è contrario a una moschea a Milano, tanto più che la maggioranza degli abitanti è di fede musulmana e che nessuno è particolarmente affezionato ai vecchi e malandati locali di via Esterle".
Al bando per l’immobile ai civici 15-17 (con base d’asta di 480.162 euro) hanno partecipato nel 2022 sia la Casa della Cultura musulmana che il Milan Muslim Center, ma il 31 maggio dell’anno scorso la commissione giudicatrice ha escluso i secondi perché i responsabili non avevano effettuato il sopralluogo necessario e perché lo statuto dell’ente non prevede "l’esercizio dell’attività di culto quale attività esclusiva o prevalente".
Il 26 ottobre è arrivata la determinazione dirigenziale che ha dato il placet ufficiale alla Casa della Cultura musulmana: "Ci sarà una grandissima sala dove uomini e donne potranno pregare insieme, un’altra per i ragazzi e un piccolo giardino per mamme e bambini – disse all’epoca Mahmoud in un’intervista al Giorno –. Non costruiremo un minareto, per noi non è fondamentale che ci sia: conserveremo la struttura esistente, ma la riqualificheremo in modo da poterla utilizzare come luogo di culto". Quanto costerà l’operazione? "Nel 2015 – specificava ancora il direttore dell’associazione – abbiamo aperto un conto corrente per raccogliere i fondi necessari. Per ristrutturare via Esterle, occorrono quasi 1,4 milioni di euro e sei mesi di lavori". Sempre in quell’occasione, Mahmoud aveva pure affrontato il tema degli occupanti abusivi: "Spero che il Comune trovi una soluzione per questi ragazzi, per non creare una guerra tra poveri. Noi vogliamo entrare in via Esterle in modo pacifico".
Al momento, quella soluzione non è stata trovata, nonostante da più di un anno ci sia un dialogo aperto tra l’amministrazione e "Ci Siamo-Rete Solidale". Senza dimenticare che sull’aggiudicazione degli ex bagni pubblici pendono tre ricorsi amministrativi per ottenerne la revoca: due sono stati presentati dal Milan Muslim Center (in un caso già battuto in primo grado e in attesa di appello in Consiglio di Stato); uno da Bcc Beni Immobili srl, la cui sede è nell’edificio ai civici 9-11 di via Esterle, proprio di fianco all’immobile destinato a diventare una moschea. Adesso, però, ci siamo.